Come accennavo ieri sera, ritengo importante restare sulle letture della s. Messa di ieri, in particolare sulla seconda lettura (1 Cor 7,32-35). Come già in precedenza, vi do il commento di padre Cantalamessa (si sofferma sul tema alquanto controverso dei rapporti prematrimoniali). È un teologo che stimo molto perché, senza tradire l’integrità della norma morale, si rifa’ molto alla Bibbia e soprattutto è un uomo molto esperto della vita secondo lo Spirito Santo. Io sono assolutamente certo che la dimensione spirituale e quella morale sono del tutto inscindibili. Non possono stare l’una senza l’altra. Inoltre, padre Cantalamessa è molto attento alle situazioni concrete di vita. Le sue sono riflessioni di oltre trent’anni fa, ma le ritengo del tutto valide, con la precisazione che negli ultimi tempi la situazione è molto peggiorata e la Chiesa non ha certo brillato né come testimonianza di vita né come chiarezza di idee, di norme morali e di principi. Il testo di padre Cantalamessa è piuttosto lungo, quindi preferisco spedirvelo un po’ alla volta. Cercherò di fornirvi anche alcune mie precisazioni. Resto ovviamente a disposizione per qualsiasi dubbio. Do per scontato che su questi punti ci sono le opinioni più diverse. Quando parlo con i giovani su questi temi ho un piccolo dubbio. Se non riconoscono di avere rapporti prematrimoniali, ricordo loro la norma della Chiesa? C’è il rischio che rispondano che un certo comportamento non ritengono di confessarlo per il semplice motivo che per loro non è peccato. Così ho la conferma che la teologia morale fondamentale è molto più importante della morale sessuale. È sempre in gioco il tema davvero cruciale della coscienza erronea, su cui ho imperniato quasi 40 anni di studio di teologia morale. Ecco l’inizio delle riflessioni del teologo cappuccino.
«Le letture di oggi ci presentano due figure molto care alla tradizione cristiana: il profeta (I lettura) e la vergine (II lettura). Non si tratta anzi soltanto di due “figure”, ma anche di due carismi: profezia e verginità.
Il profeta per eccellenza è stato Gesù Cristo, come mostra il nesso tra la prima lettura e il brano evangelico.
Ma anche il vergine per eccellenza è stato Gesù Cristo; in lui, la profezia è stata verginale (cioè non adulterata) e la verginità profetica. Dopo Gesù, ciò si ripete (con tutti gli scarti che sappiamo) per la Chiesa, che è anch’essa vergine e profetica. Vediamo come le due cose possono essere tenute presenti insieme nella riflessione sulla parola di Dio di questa domenica.
Nella seconda lettura, san Paolo ci ha parlato della verginità, cioè di chi non si sposa per essere interamente, anima e corpo, disponibile per il Signore. Ma la verginità, oltre che uno stato scelto o meglio concesso ad alcuni per tutta la vita, è anche una fase della vita di tutti. È la condizione che caratterizza, almeno fisicamente, il periodo di maturazione dell’essere umano, in genere la sua adolescenza. Riguarda perciò non solo chi non vuole sposarsi, ma anche chi non si è ancora sposato di fatto, cioè i giovani. […]
Parliamo della norma, che vieta i rapporti prematrimoniali […]: vivere escatologicamente e profeticamente non solo il proprio matrimonio, ma anche la propria adolescenza e la propria giovinezza!
Noi cristiani, a questo proposito, dobbiamo fare due cose: una sincera autocritica (togliere la trave dal nostro occhio!) e una coraggiosa denuncia. L’autocritica è questa.
Per troppo tempo abbiamo assimilato e fatti nostri preconcetti dovuti non al Vangelo, ma a culture estranee ad esso, come il manicheismo antico e il puritanesimo moderno; abbiamo contribuito, in tal modo, ad alimentare un culto esagerato e feticistico della verginità fisica, che in certi ambienti ha generato e genera tuttora ansie e perfino crimini. In questo campo, la Chiesa non chiede di tornare ai tempi passati quando ai giovani non era permesso di scegliersi liberamente il proprio compagno (i genitori sceglievano per loro), né era permessa quell’assiduità ed intimità reciproca che è necessaria per conoscersi a fondo, per saggiare i propri sentimenti e il proprio carattere e maturare nell’amore. Da questo punto di vista, il cambiamento dei costumi che c’è stato è un cambiamento in meglio, non in peggio.
Ma, detto questo, dobbiamo anche gridare forte che quello che si tenta oggi di sostituire a tale culto feticistico è altrettanto, se non più, disumano. L’alternativa, infatti, è il disprezzo, o peggio, il ridicolo gettato sulla purezza e la verginità degli adolescenti. Ci sono ragazze alle quali l’ambiente inculca una specie di complesso di inferiorità di fronte alla loro verginità, anche se giovanissime. In una scuola di liceali è stato diffuso un test in cui si chiedeva a ragazzi e ragazze quanti rapporti sessuali hanno, con quante persone, di quale sesso, con quale frequenza, con quali accorgimenti. Cosa doveva pensare di sé un adolescente ancora in possesso della propria verginità, di fronte a tale questionario, se non di essere un anormale? Il caso che in quella scuola qualcuno potesse avere scelto di non avere alcun rapporto prima del matrimonio non era neppure preso in considerazione. Non vogliamo esagerare; c’è da sperare che, nonostante tutto, questo fenomeno sia ancora limitato a una società sofisticata e pseudoemancipata.
Ma guai a noi adulti, se non aiutiamo i giovani a smascherare questo terribile inganno. È come per la droga.
Anche qui, c’è qualcuno che ha interesse a spingere i giovani al primo passo, per avere poi tanti clienti in più e tanti acquirenti nuovi di certi commerci che sono, purtroppo, prosperosissimi» (CANTALAMESSA RANIERO, La Parola e la vita. Riflessioni sulla Parola di Dio delle Domeniche e delle Feste dell’anno. Anno B, Città Nuova, Roma 1990, pp. 179-181).
Nelle prossime sere svilupperò ulteriormente questo tema.