Continuiamo a farci aiutare dal cardinale Martini per conoscere meglio la figura del re Davide e soprattutto perché ognuno possa fare una sintesi feconda tra fede e vita, tra la Parola di Dio e il proprio modo di vivere, di impostare l’esistenza.
Non mi stancherò mai di precisare che chi è fidanzato o sposato, se non compie questo cammino in coppia, deve davvero interrogarsi seriamente su come sta vivendo la propria vocazione cristiana.
Mi rendo conto che ci sono molti “matrimoni apparenti”, ma almeno dovrebbe esserci questo desiderio, accompagnato da abbondante preghiera, per avere questa grazia. Altrimenti i nostri figli cresceranno in un clima non cristiano. Questa mia idea vi fa capire perché io non stimo una pastorale giovanile (nel senso che la ritengo inutile) che non sia strettamente coordinata con la pastorale familiare.
Le riflessioni di stasera sono strettamente collegate con quelle dei giorni precedenti. Ieri abbiamo esaminato quella che il Cardinale chiama “prima vocazione”. Stasera vediamo le altre due. Un aspetto molto interessante è costituito dal fatto che ciò che sembra “casuale” in realtà rientra nel disegno di Dio. Chiedo al Signore la grazia che almeno qualcuno si renda conto che è quasi inutile leggere questi miei pensieri (o meglio, meditazioni del cardinale Martini), se non dedichiamo tempo e attenzione a leggere e a meditare i passi biblici che egli di volta in volta ci segnala.
«2 – 1 Samuele 16, 14-23. La seconda vocazione, in un certo senso, ignora la precedente ed è espressa dalle circostanze.
Saul è un nevrotico, è soggetto a crisi di melanconia. In quel tempo è particolarmente triste perché sa di essere rifiutato dal Signore e soffre per l’abbandono da parte di Samuele. Vuole dunque avere qualcuno che gli suoni la cetra. C’è chi conosce Davide e le sue capacità di musico; la voce passa, giunge a Saul che lo fa chiamare a corte: “Saul mandò messaggeri a Jesse con questo invito: ‘Mandami tuo figlio Davide (che sta con il gregge)’. Jesse prese cinque pani, un otre di vino, un capretto e fece portare tutto a Saul da suo figlio Davide. Davide arrivò da Saul e si mise al suo servizio” (vv. 19-20). Da quel momento Davide fa carriera.
Le circostanze sono state fortuite, impreviste, perché la scelta di Saul avrebbe potuto non cadere su di lui: evidentemente Dio ha operato attraverso il caso.
3 – 1 Samuele 17, 12-39. Il terzo modo di vocazione richiede coraggio, è l’assunzione di un rischio personale, che naturalmente va insieme agli altri due, cioè all’accettazione dell’elezione divina e al vedere nelle circostanze l’agire di Dio che conduce.
La prima parte del capitolo è la descrizione terrificante di Golia, che ricorda quella che s. Ignazio fa del Nemico, nella meditazione delle due bandiere (cf seconda settimana n. 140).
Poi c’è l’arrivo casuale di Davide che viene per portare formaggio, grano e pane ai fratelli che sono al campo. Sente parlare di Golia, ascolta le parole minacciose del Filisteo contro Dio e chiede come mai può accadere che lo lascino insultare gli Israeliti e perché nessuno accetta la sfida. Eliab – l’abbiamo già visto – gli risponde di non occuparsene e Davide si stupisce della reazione del fratello. Rivolge quindi a un altro la medesima domanda. A questo punto, “sentendo le domande che faceva Davide, pensarono di riferirle a Saul e questi lo fece venire a sé. Davide disse a Saul: “Nessuno si perda d’animo a causa di costui. Il tuo servo andrà a combattere con questo Filisteo”. Saul rispose a Davide: ‘Tu non puoi andare contro questo Filisteo e batterti con lui: tu sei un ragazzo e costui è un uomo d’armi fin dalla sua giovinezza’. Ma Davide disse a Saul: ‘Il tuo servo custodiva il gregge di suo padre e veniva talvolta un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. Allora lo inseguivo, lo abbattevo e strappavo la preda dalla sua bocca. Se si rivoltava contro di me, l’afferravo per le mascelle’” (vv. 31-35).
Così Davide assume il suo rischio, nel nome del Signore. Le sue parole meritano di essere meditate a lungo. Egli conta anche sul fatto che Dio l’ha sempre protetto. Tuttavia compie un atto di coraggio che decide della sua vita. Il suo è un rischio definitivo, dal momento che si trattava di vincere o di morire; non era una prova, un esperimento.
È in questo momento che Davide accoglie pienamente la vocazione» (CARLO M. MARTINI, Davide peccatore e credente, Centro ambrosiano – Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1989, pp. 21-23).
Domani vi porgerò alcune mie considerazioni per collegare ulteriormente le vicende di Davide alla nostra vita.