Continuiamo a esaminare il Salmo 51, in particolare l’appello. Stasera vediamo due aspetti di questo appello: la fiducia e il desiderio di purificazione.
«- La fiducia è il tema dominante dell’invocazione, annunciato nel v. 3: “Pietà di me, o Dio, nella tua bontà; nella tua grande tenerezza cancella il mio peccato”.
L’ebreo fa appello alla “hesed” di Dio, sorgente prima di tutta la storia di salvezza. E l’appello che sta al principio e al fondamento: Dio ama l’uomo.
Colpisce che la confessione abbia inizio con questo profondo senso di fiducia, con una lode di Dio, con la proclamazione della sua bontà; dopo verrà espressa la vergogna che si prova.
È dunque un genere di confessione che apre il cuore, che dice speranza.
Non inizia nemmeno con una giustificazione. Quando domandiamo perdono a un altro, normalmente noi cominciamo così: Non volevo farti del male, non era mia intenzione, mi dispiace ma non ho pensato di ferirti…
Davide parte facendo appello alla bontà e alla tenerezza del “suo” Dio, senza appoggiarsi a delle scuse o al proprio pentimento.
È un capovolgimento importante perché l’uomo è sempre tentato di giustificarsi davanti a Dio o di proclamare di avere il cuore spezzato, di essere dispiaciuto.
Nel Salmo si parlerà di ossa spezzate, ma dopo aver proclamato la grandezza dell’amore divino.
La fiducia è dunque un punto decisivo nel processo di confessione.
– Un secondo tema dell’appello è il desiderio di purificazione: “Lavami …mondami …purificami …lavami …distogli il tuo volto dai miei peccati… cancella… liberami dal sangue…”.
Questo desiderio non nasce dalla forza dell’uomo, ma è suscitato da Dio stesso.
Non si dice: Voglio essere attento, non voglio più essere negligente; ma: lavami, purificami, liberami perché solo tu puoi farlo, solo la tua misericordia può ricrearmi» (CARLO M. MARTINI, Davide peccatore e credente, Centro ambrosiano – Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1989, pp. 82-83).
A me sembra l’esaltazione dell’amore onnipotente di Dio. Vi ricordo che san Giovanni Paolo II ha trattato questo tema nella sua seconda enciclica: la “Dives in misericordia” (30 novembre 1980) e lì egli menzionava proprio il termine ebraico citato da Martini: la “hesed” di Dio (l’amore misericordioso, che corrisponde al termine greco “agape”). Penso che qui c’è anche tutto il mistero pasquale!