Le letture di questa domenica ci invitano a riflettere su due grandi temi: la vocazione e la conversione. Vi spedisco il commento di don Fabio. Voglio evidenziare il cenno alla morte. Sono assolutamente certo che, se convertirsi significa anzitutto cambiare mentalità, io non sono cristiano se intendo la morte (quella dei miei cari o anche la mia) come la intendono i pagani.
Inoltre, è molto bello riflettere sul fatto che Dio cerca il mio cuore e mi lavora. Comunque, è bene ovviamente che ognuno mediti bene la Parola.
«III domenica del Tempo Ordinario
Mc 1,14-20
Le prime parole di Gesù nel più antico dei Vangeli sono: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”.
“Il tempo è compiuto” in greco vuol dire: il tempo è gravido e pieno. I cristiani sanno che il tempo è carico di opere di Dio, niente è banale, tutto è nelle mani del Signore. Dai momenti di consolazione fino alle tribolazioni, tutto è denso di Provvidenza. La vita non è mai una struttura vuota. Mai credere al nulla. Anche la tomba sarà un luogo di partenza e non buio vuoto terminale.
“Il regno di Dio”, nel greco del testo, non “è vicino” ma “arriva” si avvicina. È lui l’attore, non sta fermo ad aspettarci, ci sta venendo a cercare. Questa è una sapienza luminosa, quella per cui so che Dio mi cerca nelle cose, e tutto quel che capita è intriso del desiderio che Dio ha di trovarmi, di parlarmi, ogni fatto nasconde Dio che cerca la mia conversione, aspetta che finalmente mi volga verso di Lui. Il Signore va cercando ciò che è suo, ossia il mio cuore. Mille volte troviamo il senso di quel che ci sta accadendo solo quando finalmente accogliamo che Dio ci sta “lavorando”.
“Convertitevi” alla lettera: “andate oltre la vostra mentalità”. Superate il vostro centro logico. La conversione è una sfida essenziale per il cuore e per l’intelligenza. La conversione non è una realtà occasionale – è una chiamata continua. I nostri cuori e le nostre menti hanno bisogno di essere vivaci e flessibili, e non rigidi. É impossibile vivere felici senza conversione, senza la libertà di abbandonare le proprie immobilità e assuefazioni. La vita implica lasciarsi cambiare dalle cose. Certamente ci sono delle cose non negoziabili, ma senza flessibilità e apertura, la vita diventa un bunker da difendere. Non è un complimento se ti dicono che hai il paraocchi…
Papa Francesco dice, parafrasando il Vangelo: “Dove sta la tua sintesi, lì sta il tuo cuore” (EG 143). Tutti noi vediamo il mondo dalla nostra prospettiva, che non è mai definitiva – per quanto ci sembri equilibrata e matura – e corriamo il rischio di avvitarci sulla nostra visione e diventare sclerotici. Lasciarsi cambiare e arricchire costantemente, implica intelligenza, maturità. Tutta la Chiesa lo deve saper fare – “Ecclesia semper reformanda est” – ha sempre bisogno di conversione e crescite, sebbene rimanga la stessa Chiesa. Anche noi abbiamo bisogno di malleabilità e flessibilità, pur nella fedeltà alla verità. Gli scienziati odierni chiamano tutto ciò “neuroplasticità”.
Il punto è che la vita ha un ritmo che richiede duttilità. Entrare in questo ritmo e fare le cose giuste al momento opportuno è l’arte di campare. Quando Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati da Gesù, lasciano immediatamente le reti, il padre, tutto. È vero che le cose di Dio – come ogni altra cosa – vanno fatte in modo equilibrato. Ma quando è chiaro che il tempo è vicino e Dio sta chiamando, allora non è saggio aspettare un solo secondo.
Questa non è fretta. Questo è il coraggio di credere alla bellezza: “Credete al Vangelo”. Sta tutto lì. Credere alla buona novella. Credere al bene. Credere al nostro Battesimo. Credere che Dio voglia bene proprio a noi» (FABIO ROSINI, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 52-54).