Stasera pensavo di tornare alle riflessioni su Davide. Meditare sul Salmo 51 può essere utile anche in vista della celebrazione del sacramento della Penitenza prima della Santa Pasqua. All’improvviso ho pensato che stasera celebriamo già i Primi Vespri della Solennità di san Giuseppe e perciò ho deciso di proporvi una meditazione di Rosini su quest’uomo, che mi sembra tanto umile e silenzioso quanto gigantesco nella sua santità. Tra l’altro, egli è un esempio stupendo sia per i padri sia per i sacerdoti.
«Solennità di San Giuseppe
Mt 1, 16.18-21.24
Giuseppe, padre inopinato, si ritrova a scoprire solamente quando diventa padre chi è veramente, quale lignaggio porta in sé. Lui è un po’ come il padre di questa epoca, che si sottovaluta perché non ha un’esperienza felice dell’autorità, e si vergogna di esercitarla, come fosse un adolescente. La solennità di San Giuseppe ci costringe felicemente a contemplare la sublime missione del padre, oggi in stato di evaporazione, come qualcuno ha giustamente detto.
Cerchiamo di rinvenire nel testo della Parola di Dio il sentiero di una ricostruzione necessaria, soprattutto per il bene di questa generazione di figli post-pandemici, fragili e disorientati.
La prima cosa da ricordare è quello che c’è prima del testo, che non viene proclamato nella liturgia: la lunga circostanziata genealogia di Giuseppe che indica un piano preparato da secoli che lo riguarda: le cose non cominciano da noi, noi non siamo l’unica risposta alle esigenze di oggi, ma abbiamo un bagaglio di saggezza; una serie di cristiani ci hanno preceduto e ci hanno consegnato la fede: non dobbiamo improvvisare ma sfruttare e valorizzare la nostra bella fede. Possiamo imparare dai nostri padri attingendo ai sacramenti, alle storie dei santi, alla preghiera: vale a dire al bagaglio che abbiamo ricevuto dalla “Traditio” cristiana.
Poi il testo ci mette di fronte all’imponderabile generazione di Gesù che non è solo circostanziale ma paradigmatica: Gesù arriva sempre così, nel grembo di una vergine, secondo tempi inaspettati: Dio prepara la sua salvezza ma poi si muove sempre in maniera sorprendente. Non dobbiamo ridurre alle nostre scatolette craniche l’opera di Dio ma aprirci alla sua potenza che tira fuori la vita dalla morte, la nascita da un grembo vergine, la paternità da un uomo che si stava ancora preparando al matrimonio. Ci si trova sempre a essere padri in modo inaspettato e ci si sente sempre impreparati. Il nostro modo di vivere le cose non è una gabbia per l’opera di Dio, lui va oltre il nostro stato d’animo e le nostre ipotesi.
La scelta difficile di Giuseppe non è quella di credere a Maria, cosa piuttosto facile a farsi visto che la conosceva sin da bambina (Nàzareth non era una metropoli, al massimo erano 100 famiglie, dicono gli studiosi); è difficile pensare che abbia dubitato di lei (come già sosteneva San Tommaso d’Aquino) ma la sua scelta difficile è optare di perdere il controllo della sua vita e di accogliere la potenza di Dio che sta scardinando la sua organizzazione. E il tema del sogno: troppo bello per essere vero, essere il padre del Messia. La Provvidenza gli ha assegnato un ruolo grandioso, meraviglioso, epocale. E questo che non credono i padri di oggi: di essere così importanti. Eppure lo sono. E questo che non credono i preti di oggi: di poter generare vita divina nelle persone. Eppure proprio questo è un prete. Eppure proprio questo è un padre cristiano. Lasciamoci scardinare dall’iniziativa di Dio» (FABIO ROSINI, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 86-87).
Qualche domanda finale:
Come collaboro con l’iniziativa di Dio?
Gli uomini farebbero bene a interrogarsi sull’ “evaporazione” di cui parla Rosini.
Le donne potrebbero porsi alcuni interrogativi: imposto il fidanzamento e il matrimonio con l’uomo che il Signore ha pensato per me, per vivere insieme un vero servizio per il piano di Dio, nel servizio ai figli, alla Chiesa e alla società? Oppure nell’affettività e nel matrimonio contano solo simpatia, impulsi, affetti e attrazione?
Mi hanno colpito molto i cenni alle “scatolette craniche” e al rischio della gabbia.