Don Fabio Rosini nel commento delle letture di questa domenica sottolinea un aspetto specifico: l’importanza della vita fraterna, della relazione, della Chiesa. So bene che oggi sono molto diffusi l’individualismo, la pretesa (l’illusione?) di incontrare Dio direttamente “saltando” la mediazione umana, ma la Storia della Salvezza ci insegna ben altro. Forse un po’ il covid, un po’ internet possono aver contribuito a sottovalutare l’importanza della comunità (in parrocchia ho parlato centinaia di volte della piaga dei “cattolici saltellanti”, coloro cioè che per principio saltellano, da una parrocchia all’altra) e della mediazione umana.
La frase, che più mi ha colpito di tale commento, è la seguente, in cui don Fabio parla dell’incontro dei due discepoli con Gesù:
«Il dialogo li porterà a un’esperienza che cambierà la loro esistenza, non perché “capiranno” qualcosa, ma perché “staranno con” Lui».
Ecco la domanda decisiva: io ascolto, leggo qualcosa, magari “vedo” la s. Messa in televisione (abitudine che ritengo terribile, tranne che in caso di malattia), ma con Gesù ci sto? Con quale gioia? Con quale costanza? Con quale gratitudine? Con quale disponibilità? Con quale servizio concreto nella comunità?
II domenica del Tempo Ordinario
Gv 1,35-42
«La chiamata del profeta Samuele – prima lettura di questa domenica – è la storia della soluzione di un malinteso.
La voce di Dio arriva all’orecchio del giovane, ma finché non viene aiutato dal sacerdote Eli, Samuele non la intende; sarà poi un grandissimo profeta, ha due libri della Bibbia a lui dedicati, ma da solo non sarebbe mai arrivato alla sua missione.
Nel Vangelo Giovanni il Battista indica a due dei suoi discepoli che Gesù è l`Agnello di Dio, e questi seguono Gesù, che si volta e ne scruta le intenzioni. Il dialogo li porterà a un’esperienza che cambierà la loro esistenza, non perché “capiranno” qualcosa, ma perché “staranno con” Lui. Uno dei due è Andrea, fratello minore di Simone e annunzierà il Messia al fratello maggiore, portandolo da Lui.
In questo testo ben tre volte viene data la traduzione delle parole: “Rabbi” significa “Maestro”; “Messia” vuol dire “Cristo”; “Cefa” si traduce “Pietro”. Non è un caso. Eli decodifica la chiamata di Dio a Samuele, Giovanni Battista svela il Messia ai suoi discepoli. L’evangelista stesso traduce per noi i significati di certe parole. Simon Pietro, a sua volta, riceve da suo fratello un” introduzione al Messia. E, alla fine, Gesù traduce Simone a se stesso, dandogli un nome nuovo, che corrisponde a una vita nuova.
Per raggiungere Gesù c’è bisogno di un ponte, e deve essere quello giusto. Un sacerdote per un nuovo profeta; l’ultimo dei profeti per i primi discepoli del Messia; un testimone oculare per chi dovrà essere la roccia d’appoggio per la Chiesa.
Perché queste mediazioni? Non possiamo avere un rapporto diretto con il Signore? Non basta che lo Spirito Santo parli nel cuore per arrivare in fondo alla relazione con Lui? Perché c’è bisogno di un sacerdote per rendere presenti i sacramenti? E in fondo: perché i sacramenti, e perché la Chiesa? Non sarebbe meglio un bel cavo diretto con Dio? Una connessione Wi-Fi privata e dedicata. Perché no? Perché ci mancherebbe qualcuno.
I fratelli.
Dio ha fatto sì che abbiamo bisogno gli uni degli altri per incontrarlo. Non posso amare Dio senza l’aiuto di qualcuno. Anzi: non possiamo amare Dio senza amare i fratelli. La fede si riceve, non si improvvisa. E se non porta alla carità fraterna, è un falso.
Assuefatti a modelli individualisti, vincenti e autonomi, con una mentalità da “single”, desideriamo incontrare anche il Signore in modo sterilizzato, senza contaminarci con altri. Ma se c’è una cosa che ci manca dolorosamente sono le relazioni. Essendo, ognuno di noi, una persona, il nostro insopprimibile centro è l’amore.
Il sogno autarchico di non aver bisogno di nessuno si risolve normalmente in un incubo. È vitale che io non sia un’isola, che possa essere aiutato, disturbato, evoluto, costretto a crescere da altri. Grazie a Dio ci sono gli altri! Abbiamo bisogno di traduttori, interpreti ed evangelizzatori. La nostra vita cristiana è sempre nutrita da qualche intermediario che ci aiuta. Non importa quanto sia povera quella persona. Ciò che importa è che ci lasciamo la solitudine alle spalle» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 49-51).