«III domenica di Pasqua
Lc 24,35-48
Nel Vangelo di questa domenica Gesù “apre la mente” dei discepoli. Che bello! Poter finalmente comprendere Lui, le Scritture, la salvezza. Verrà veramente il momento in cui non si cammina più nel dubbio?
L’impianto globale della liturgia sembrerebbe dire altro, proclamando un brano degli Atti, dove Pietro annunzia la Signoria di Cristo e svela agli abitanti di Gerusalemme che hanno tradito e consegnato a morte Colui che Dio ha glorificato. Avevano pensato che fosse un malfattore, ma era il Salvatore. La salvezza non è una casella dei nostri modelli mentali.
Pietro, infatti, riconosce che i suoi ascoltatori hanno agito per ignoranza. Questa ignoranza non è estranea a nessuno. La storia della salvezza è la storia dell’inaspettato.
Mosè è di fronte al mare con i nemici alle spalle, ma da Dio arriva la più impensabile delle soluzioni, il mare che si apre. La Pasqua è fuori dalle nostre attese.
Ma emerge un altro elemento: nel Vangelo i discepoli di Emmaus condividono gioiosamente il loro incontro con Gesù. E Lui appare – perché è così che capita: quando la Chiesa racconta di Gesù, Lo condivide, Lo celebra, Lui viene.
E se questo è sempre sconvolgente, Gesù, a fronte della loro paura, mostra la sua fisicità. Lui è reale, accessibile, palpabile. Cristo non è un’idea, non è uno spirito, non è astratto, e non è esoterico né intoccabile, ma ha carne e ossa. I discepoli lo incontrano con i loro sensi, toccandolo, ascoltando la sua parola, mangiando con lui, vedendolo con i propri occhi. Di fatto, la dimensione intellettuale, ridimensionata dalla risurrezione, è ricollocata al suo posto.
Ma non è disprezzata: il Padre non ci ha dato l’intelligenza per errore. Solo che viene dopo, è parte di un tutto. Infatti, Gesù se ne occupa. E “aprì loro la mente per comprendere”.
Comprendere si deve, il problema è: quando? Come? Prima Gesù si fa sperimentare corporalmente, e allora può aprire la mente dei discepoli.
Normalmente noi partiamo dalle idee per arrivare al corpo, e senza un bagaglio di convinzioni non muoviamo un passo. Ma già nell’alleanza dell’Esodo il popolo diceva: “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto” (Es 24,7). Eseguire e poi elaborare. Qui prima si segue Cristo per tre anni, lo si vede morire e risorgere, e poi si inizia a capire.
Mentre c’è un esercito di cristiani che con una testa pesante di schemi prova a risorgere per produzione propria, per deduzione.
Solo Gesù sa risorgere, è Lui che ci viene incontro, e dall’incontro con Lui inizierà la nostra risurrezione e l’apertura della nostra mente.
Come se fosse possibile intendere un manicaretto pasquale sapendo a memoria la ricetta. Un assaggio diretto sorpasserà ogni teoria.
Che fare quindi? Conviene stare là dove si racconta di Lui, dove Lui è celebrato, dove Lui è “vissuto” da qualcuno. Perché Lui appare li. Lo si può toccare, toccando chi lo conosce. Altro è teorizzare sulla preghiera o sulla carità, altro è stare con una comunità che prega e ama veramente Allora si apre la mente» (FABIO ROSINI, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 101-103).
Sottolineo solo alcune frasi, che costituiscono aiuti molto opportuni per comprendere, meditare e vivere il brano del Vangelo di questa domenica:
• “Conoscere la ricetta o assaggiare”?
• Che significa “condividere l’incontro con Gesù”?
• Il rischio di “provare a risorgere per produzione propria”.
• Dio sorprende: occorre fare esperienza di tali sorprese.