Vi spedisco il commento di don Fabio Rosini alle letture di questa domenica.
«VI domenica del tempo ordinario
Mc 1,40-45
La prima lettura di questa liturgia ricorda che un lebbroso doveva vivere solo, senza contatti, tagliato fuori dalla società. Doveva lui stesso allontanare gli altri gridando la sua condizione.
Ma nel Vangelo un lebbroso osa avvicinarsi a Gesù. Come a dire: “Se gli uomini non mi vogliono, forse il Messia non mi allontanerà”. Ci sono cose che solo Dio e chi ha il suo Spirito – sa accogliere. Chi può dissolvere la solitudine di questo lebbroso, immagine di tutte le solitudini umane? Chi può toccare un lebbroso? Gesù, infatti, lo tocca prima che sia guarito, putrido e infetto. Ed è questo tocco che lo guarisce. Il lebbroso dice: «Se vuoi, puoi purificarmi!” e ha ragione: Gesù lo vuole, è questa la volontà di Dio. Quando Dio ci chiama a compiere la sua volontà, ci sta offrendo una via per incontrarlo, per toccarlo e guarire dalla nostra solitudine.
Gesù è mosso dalla “compassione”. Il termine, in italiano, significa “patire con qualcuno, sintonizzarsi sul dolore altrui e farlo proprio” e già questo direbbe molto. Ma la parola greca per compassione – nel testo parola greca per compassione significa “essere mossi visceralmente”. Il desiderio di guarire questo poveretto viene dalle viscere di Gesù, dalla sua radice intima, lì dove è unito al Padre. Perché Dio, nel suo essere recondito, è amore sconfinato. É per le viscere di amore di Gesù che quest’uomo riceve la grazia della guarigione.
Ma la grazia non va soltanto ricevuta, richiede anche di essere assimilata. C’è differenza tra guarire e vivere in salute. C’è di mezzo una convalescenza da fare e la strategia della vita integra da imparare, cosa che implica disciplina e umiltà – occorre ricordare di essere cagionevoli. La vera guarigione è assimilare atteggiamenti sani. Altrimenti non si rimane in salute.
Gesù dà una terapia a quest’uomo: andare dal sacerdote e fare le offerte prescritte. In altre parole, la guarigione non è finita, deve iniziare il processo del vivere bene, e questo implica un atto spirituale. C’è da dare alla Grazia un contenitore, un luogo dove assimilarla.
Gesù chiede a quest’uomo il silenzio, la metabolizzazione.
Ma il lebbroso, fin qui condannato a rimanere escluso, sfrutta subito la sua nuova condizione: va in giro a raccontare, divulgare, gridare. E di conseguenza Gesù non può più entrare in città. Curioso: prima era il lebbroso che doveva stare fuori portata; ora è Gesù che deve rimanere nel deserto a causa del clamore…
Può la grazia di una guarigione diventare rivalsa sul passato e gossip vanaglorioso? Quante volte si vede questo: ricevere nuovi e meravigliosi doni, e usarli secondo le attitudini del “vecchio”. Guariti, forse – sani, no. Per essere sani bisogna lasciare che le viscere di Dio divengano le nostre.
Occorre non usare la grazia per cose piccole. Ricevere una grazia non è mai un evento “una tantum”. È l’inizio di un processo che non finisce più e che porta all’amore e alla saggezza, che conduce a prendere possesso di ciò che è valido, santo e conta davvero» (FABIO ROSINI, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 64-66).
Mi sembra molto interessante il riferimento al cammino successivo al miracolo.
Io faccio esperienza dell’onnipotente Amore di Dio nella mia vita?
Faccio fruttificare i doni ricevuti?
So far tesoro di quanto Egli mi dona nel Sacramento della Penitenza?