La Prima Lettura della S. Messa di oggi (At 4,32-37) corrisponde (con due versetti in più) alla Prima Lettura della S. Messa di domenica scorsa. Siamo ripetutamente invitati a una profonda verifica sulla comunione, sulla vita fraterna. Credo che sia un esame di coscienza che vada effettuato con costanza per evitare i rischi di individualismo, attivismo, egocentrismo… Vi propongo alcuni commenti. Il primo è di un religioso molto noto, il secondo di un grande Papa del VI secolo, il terzo è di un monaco benedettino tedesco (autore di moltissimi libri). Auguro a me e a voi di confrontarsi seriamente con questi testi affinché lo Spirito Santo ci aiuti a progredire con umiltà nella comunione, nella fraternità e nel servizio. Mi sembrano molto utili anche le domande finali. Forse è superfluo precisare che tale verifica può essere utile per ogni tipo di comunità: quella familiare, quella parrocchiale, ma forse anche sui luoghi di lavoro…
«O Signore, guarda con bontà a me che di fatto considero poco importante la fraternità. Io sono preoccupato che le cose “funzionino” e così trovo il pretesto di dimenticarmi che gli altri sono miei fratelli, quando addirittura non li strumentalizzo. Io sono preoccupato della mia salute e così mi dimentico che anche gli altri hanno i loro problemi, talvolta ben più gravi dei miei. Io sono preoccupato del bene da fare e spesso non mi domando se lo faccio in forma fraterna, se lo faccio da fratello a dei fratelli. Io sono preoccupato di portarti ai lontani e mi dimentico dei vicini.
O Signore, dammi un occhio e un cuore fraterno. Come sono lontano da tutto ciò! Sono lontano e il più delle volte non me ne accorgo nemmeno, perché non prendo sul serio la fraternità: è troppo poco gratificante, non mi mette in mostra, non accende la mia fantasia, non mi fa sentire un eroe. Per voler diventare davvero fratello e sorella del mio prossimo devi illuminarmi continuamente tu con la tua parola e il tuo Spirito, come hai fatto agli inizi della tua Chiesa» (PIER G. CABRA, Oratio, in Lectio divina per ogni giorno dell’anno, Queriniana, Brescia 2000, vol. 4, pp. 95-96).
«Il nostro Creatore e Signore dispone ogni cosa in modo tale che se uno volesse insuperbirsi per il dono che ha, si deve umiliare per le virtù che non ha. Egli dispone ogni cosa in modo tale che quando eleva uno per una grazia che ha ricevuto, per una grazia diversa lo sottomette a un altro. Dio dispone ogni cosa in modo tale che mentre tutte le cose sono di tutti, per una certa esigenza di carità, tutto diventa di ciascuno; e ciascuno possiede nell’altro ciò che non ha ricevuto, in modo tale che ciascuno umilmente offre in dono all’altro ciò che egli ha ricevuto. È quanto dice Pietro: “Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio gli uni degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio” (1 Pt 4,10)» (S. GREGORIO MAGNO, Commento morale a Giobbe).
«Il fine di una comunità non può essere quello di offrire ai suoi componenti soltanto un senso di benessere. Il suo scopo e il suo significato è piuttosto quello di far sì che tutti i membri possano spronarsi l’un l’altro, giorno per giorno, a percorre insieme un cammino nella fiducia, nella maturità, nella lealtà e nell’affettività; possano chiarire i malintesi che si verificano; possano risolvere i conflitti e soprattutto, possano radicarsi in Dio. Perché in una comunità possiamo alla lunga vivere bene solo se puntiamo continuamente il nostro sguardo verso Dio come nostra vera mèta e causa ultima della nostra vita» (ANSELM GRÜN, A onore del cielo, come segno per la terra, Brescia 1999, p. 151).
«Che posto ha la fraternità nelle mie preoccupazioni? Che importanza riveste la costruzione di fraternità nella mia vita spirituale? Ho forse una spiritualità individualistica, dalla quale i fratelli e le sorelle sono praticamente esclusi?» (PIER G. CABRA, Meditatio, in Lectio divina per ogni giorno dell’anno, Queriniana, Brescia 2000, vol. 4, p. 95).