Pensiero serale del 06-02-2024

bibbia

Stasera vi spedisco il commento alle Letture della s. Messa di oggi. Fra Luca Fallica, attuale abate di Montecassino, ci aiuta a meditare la Parola di Dio su alcuni punti fondamentali. A me pare che la questione decisiva sia: cosa desidera il Signore da noi? Quando il nostro culto gli è davvero gradito?
Vi invito a notare che la meditazione alla fine diventa una preghiera rivolta al Signore. Auguro a me e a voi di non dimenticare mai che il passaggio ulteriore (questo è lo schema della “lectio divina”!) è l’azione, cioè un impegno pratico, concreto, a partire da ciò che abbiamo meditato.

«Ascolta e perdona!
“Beato chi abita nella tua casa: senza fine canta le tue lodi […]. Si, è meglio un giorno nei tuoi atri che mille nella mia casa” (Sal 83.5.11). Così il Salmo responsoriale ci fa pregare oggi. Attraverso questa invocazione esprimiamo il desiderio di dimorare non tanto in un luogo, quanto nella verità di una relazione: quella con Dio, che ci accoglie nella sua casa con la medesima cura e tenerezza con cui una rondine custodisce nel nido i suoi piccoli.
Abitare nella casa del Signore, tuttavia, esige lo sforzo di uscire dalla “propria casa”, vale a dire dai propri giudizi, dalla propria mentalità, dalle proprie tradizioni che così spesso – ricorda Gesù in Marco – finiscono per annullare la parola di Dio.
I due testi biblici che oggi ci vengono proposti disegnano, in fondo, due modi diversi di stare nella casa del Signore. La prima lettura ci riporta alcuni passaggi della preghiera, molto più ampia, che Salomone innalza a Dio dopo aver introdotto l’arca dell’alleanza nel tempio di Gerusalemme: Salomone sottolinea anzitutto il dono di Dio, la sua condiscendenza. Dio, che è incommensurabile e infinito, al punto che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerlo, pure sceglie, nella libera iniziativa del suo amore, di abitare sulla terra. Peraltro, ha fatto tutto questo in modo gratuito e incondizionato, solo a motivo della fedeltà alla sua alleanza. Salomone non può che riconoscerlo, nello stupore della lode: “Tu mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il loro cuore” (1Re 8,23).
Con questa fiducia nel Dio dell’alleanza, Salomone può allora innalzare la sua richiesta. La sua preghiera è molto lunga e articolata, tanto che la liturgia ce ne fa assaporare soltanto qualche breve passaggio, ma in fondo essa si raccoglie in un solo grido, bello proprio per la sua incisiva essenzialità: “Ascolta e perdona” (8,30). Qui non abbiamo soltanto il contenuto della preghiera, ancor di più c’è la rivelazione: egli è Colui che ascolta e perdona.
Questo è il culto autentico, che ci consente di abitare nella casa del Signore, di rimanere nella relazione con lui. Ad esso spesso si contrappone un “culto vano”, fondato sui “precetti degli uomini” più che su una vera conoscenza di Dio; è ciò che Gesù denuncia, accusando farisei e scribi con le parole di Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (Mc 7,6; cf. Is 29;13). Quando il cuore è lontano da Dio?
Gesù ci avverte su alcune possibili tentazioni che conducono in questa lontananza. La prima: fare attenzione soltanto alle forme esteriori senza vigilare sulla verità del cuore. Farisei e scribi accusano i discepoli di Gesù di non attenersi alle prescrizioni della tradizione sulla purificazione delle mani e di altri oggetti. Gesù afferma che è anzitutto della purificazione del cuore che occorre preoccuparsi. Il cuore puro è un cuore semplice, non doppio, non viziato da ambiguità e ipocrisia. Doppio è il cuore di chi, come Gesù stesso esemplifica, è così abile da utilizzare persino la parola di Dio a proprio vantaggio. È talmente ipocrita da ostentare un’osservanza formale della Legge che però trasgredisce il cuore del suo insegnamento. Si può persino utilizzare un precetto per trasgredire un comandamento di Dio come quello che ci chiede di onorare il padre e la madre. Non tanto le mani, ma è il cuore a dover essere purificato da queste doppiezze e ipocrisie. Come canta un altro salmo, può abitare nella tenda del Signore e dimorare nella sua santa montagna soltanto chi “pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore” (Sal 14,2).
“Di cose simili ne fate molte” (Mc 7,13), conclude Gesù. Questa parola è rivolta anche a noi. A maggior ragione, allora, dobbiamo far nostra l’invocazione di Salomone: “Signore, ascolta e perdona!”.

Signore, il nostro cuore è spesso lontano da te. Tu invece ci rimani vicino, nella fedeltà alla tua alleanza, nella misericordia del tuo perdono, nella condiscendenza con cui vieni ad abitare non solo in un luogo, ma nella nostra stessa vita, nella quale scegli di porre la tua dimora. Ascolta la nostra invocazione, perdona il nostro peccato, purifica il nostro cuore, fa’ di noi la tua eredità!» (LUCA FALLICA, Messa e preghiera quotidiana, febbraio 2016, pp. 96-99).