Giovedì scorso vi ho spedito la prima parte delle riflessioni di padre Cantalamessa sulla lotta di Gesù contro il demonio. Il teologo cappuccino effettua una specie di excursus storico per mostrare i cambiamenti che si sono verificati nelle varie epoche riguardo alla credenza nel demonio. Domani ci sarà la parte più interessante.
«Arriviamo così alla terza fase, quella attuale. Essa si può riassumere così: silenzio sul demonio. Un silenzio però che non è lodevole discrezione, ma negazione. Il nemico non esiste più. Meglio, esiste, ma si riduce a quello che san Paolo chiamava “la carne e il sangue”, cioè il semplice male che l’uomo porta in sé. Il demonio è simbolo dell’inconscio collettivo o dell’alienazione collettiva, una metafora. L’autore della demitizzazione, R. Bultmann, ha scritto: “Non si può usare la luce elettrica e la radio, non si può ricorrere in caso di malattia a mezzi medici e clinici e al tempo stesso credere al mondo degli spiriti”. Viene da chiedersi: perché molti intellettuali, perfino tra i teologi, trovano impossibile credere oggi nell’esistenza del demonio come entità non solo simbolica ma reale e personale? Io credo che uno dei motivi principali è questo: si cerca il demonio nei libri, mentre al demonio non interessano i libri, ma le anime, e non lo si incontra frequentando gli istituti universitari, le biblioteche e le accademie, ma, appunto, le anime. Quelli che passano in rassegna i fenomeni tradizionalmente considerati diabolici (possessione, patti con il diavolo, caccia alle streghe…), per poi concludere trionfalmente che è tutta superstizione e che il demonio non esiste, somigliano a quell’astronauta sovietico che concludeva che Dio non esiste, perché lui aveva girato in lungo e in largo per i cieli e non lo aveva incontrato da nessuna parte. Entrambi hanno cercato dalla parte sbagliata. Un altro equivoco va menzionato in questo campo. Si discute sull’esistenza di Satana tra teologi e uomini di cultura atei, come se vi fosse una base comune per il dialogo. Non si tiene conto che una cultura “laica”, che si dichiara non credente, non può credere nell’esistenza del demonio; è bene, anzi, che non vi creda. Sarebbe tragico che si credesse nell’esistenza del demonio, quando non si crede nell’esistenza di Dio. Allora sì che ci sarebbe da disperarsi. Che cosa può sapere di Satana chi ha avuto a che fare sempre e solo, non con la sua realtà, ma con l’idea e le rappresentazioni o le tradizioni etnologiche su di lui? Costoro sono soliti trattare questo argomento con grande sicurezza e superiorità e liquidare tutto con l’etichetta di “oscurantismo medievale”. Ma è una sicurezza senza fondamento, come quella di chi si vantasse di non aver paura del leone, solo perché lo ha visto tante volte dipinto o in fotografia e non si è mai spaventato di esso» (RANIERO CANTALAMESSA, Gettate le reti. Riflessioni sui Vangeli. Anno B, Piemme, Casale Monferrato, 2002, pp. 182-183).
È bene riflettere su questo tema, del resto ne parla anche il brano del Vangelo di oggi. Non dimentichiamo mai che Gesù la lotta contro il peccato, contro la morte, contro il male l’ha vinta. Sta a noi decidere se partecipare a tale vittoria. Insomma il male, il demonio non ci devono spaventare, ma non li possiamo né dobbiamo ignorare. Occorrono, come sempre, equilibrio anzitutto sul piano umano, idee chiare, molta preghiera e vita di Grazia costante.