La festa di oggi è molto popolare, molto sentita, ma io penso che sia piuttosto difficile intenderla bene nei suoi molteplici significati. Per questo motivo interrompo la trattazione di padre Cantalamessa sul demonio, per spedirvi un commento di Fabio Rosini sul Vangelo di oggi, che non può non farci riflettere, spero, in modo prolungato, intenso e profondo. Egli tratta un solo tema: la purificazione.
«Presentazione al tempio di Gesù. Il testo che narra questo evento gioca su due colori contrastanti: da una parte la luminosa gioia di Simeone e della profetessa Anna che parlano di consolazione, di redenzione e di gloria, e dall’altra l’annunzio di un sentiero di contraddizione, e di spade nell’anima in vista…
Qual è il motivo di questi toni così diversi nello stesso racconto?
Quel che va focalizzato è la ragione della “presentazione” al tempio: la liturgia ci consente di ascoltare il versetto che prepara la visita al tempio, quello in cui si parla del compimento dei “giorni della loro purificazione” come premessa al rito vero e proprio dell’offerta di una coppia di tortore o due giovani colombi per il “riscatto del primogenito”.
Gesù è il primogenito e, per vivere la grazia della maternità, Maria deve passare per un processo di purificazione e, insieme a Giuseppe, occorre “pagare” il riscatto del figlio, per ricordare che il figlio non è loro, che prima di tutto è di Dio.
È la purificazione e l’offerta del primogenito che sono parte del processo della consacrazione: non a caso la Chiesa situa in questa festa la celebrazione del dono della vita consacrata, che è la manifestazione oggettiva del dono del Battesimo che ci consacra tutti come dono di Dio, e a Dio.
Cosa c’è di più naturale della maternità? Perché mai una donna era chiamata alla purificazione? Cosa ci può essere di più sano e bello del fatto che si diventi padri e madri? Perché mai bisogna fare questo sacrificio per adeguare al rapporto con Dio il dono del primo figlio?
“Purificare”, molto più che un atto di rilevanza etica, significa rendere qualcosa di una sola natura, passando spesso per il fuoco – infatti, “purificare” viene dalla parola che in greco significa “fuoco” – per cui abbiamo per esempio “oro puro” o “acqua pura”: solo oro, solo acqua, nient’altro.
Il cuore va purificato? E l’intelligenza? E gli atteggiamenti? C’è per caso il rischio di vivere maternità, paternità, femminilità, mascolinità in modo ambiguo? Si può contemplare che qualcuno infetti il rapporto con la propria paternità-maternità con atteggiamenti auto-referenziali, che non rispettino la verità della vita, del proprio ruolo, del reale possesso delle cose?
Allora iniziamo a capire perché il padre della fede, Abramo, per divenire padre secondo Dio deve passare per vari momenti di distacco, e un giorno mettere la vita del figlio Isacco a totale disposizione della volontà di Dio. Infatti, è proprio a quell’evento che si riferisce il dovere del sacrificio che tutti i pii Israeliti devono fare per i loro primogeniti.
Abbiamo bisogno di purificazione, tutti, sempre. È un processo costante che implica una spada che penetri nell’intimo e distingua ciò che è da Dio e ciò che non lo è. Dobbiamo passare per questo processo permanente di pulizia della nostra intelligenza e delle nostre opere.
Abbiamo vari primogeniti da riscattare. Da cosa? Dalla rapacità del nostro cuore, perlomeno» (FABIO ROSINI, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 58-60).
Credo che tutto si possa riassumere nell’impegno di passare dallo pseudo-amore possessivo al vero amore, quello oblativo. Direbbe un tomista: dall’ “amor concupiscentiae” all’ “amor benevolentiae”.
Senza la Grazia di Dio, senza un ottimo confessore, un ottimo padre spirituale, tanta preghiera e tanto impegno sono convinto che sia una pia illusione affrontare un tema come questo.
Vi segnalo un libro bellissimo dedicato a questo argomento (io lo cito anche nel mio Manuale): TOMÁŠ ŠPIDLÍK, L’arte di purificare il cuore, Lipa, Roma 2001.