Pensiero serale del 01-02-2024

bibbia

Ricorderete che ieri con Martini abbiamo iniziato quella che egli chiama “attualizzazione del racconto” per aiutarci ad applicare a noi la vicenda di Davide. Ora egli la continua e la conclude.

«1 – La tentazione del successo può avvenire negli uomini di Chiesa, quindi anche in noi, quando cediamo all’ossessione della visibilità dei frutti, dei risultati immediati: vogliamo che gli altri riconoscano la bontà dei nostri progetti.
Si può addirittura giungere a misurare l’economia divina col metro delle multinazionali: Perché Dio non ci aiuta nel trovare gli strumenti più efficaci? Forse ci ha abbandonato!
Proprio per questo nella Chiesa ci sono tante tensioni. È vero che il diavolo fa il suo mestiere, ma è legittimo chiederci come mai può farlo con tanta facilità.
A mio avviso, una delle ragioni è che molti nella Chiesa considerano il proprio, piccolo progetto personale come progetto di Dio. Di qui le lotte, le divisioni, perfino gli scismi.
2 – La tentazione può avvenire nelle istituzioni ecclesiali, ad esempio nei movimenti, nelle scuole cattoliche, nelle università, quando comincia il gusto di contarsi, di verificare il proprio potere o la propria efficacia.
Si pretende di essere al centro della Chiesa e si finisce col disprezzare gli altri.
Lo scopo iniziale è buono, ma in seguito il cuore si guasta.
In realtà, bisognerebbe operare servendo la Chiesa, non il gruppo o l’etichetta.
Penso, ad esempio, a tutti i movimenti che raccomandano al Vescovo le loro iniziative come se fossero la chiave di salvezza della Chiesa e dell’umanità. E non è facile far capire che la chiave l’hanno anche altri e che bisogna integrare i diversi progetti in un quadro più ampio.
La Chiesa locale è appunto il quadro globale nel quale va inserito il piccolo contributo di ciascuno.
3 – Talora la tentazione è pure individuale e si manifesta come paura della povertà evangelica, nel lamento di non avere ciò che appare necessario. Il lamento può essere ragionevole, spesso però è amaro e si riallaccia al peccato di Davide: se avessi di più, avrei successo, potrei contare sulle mie forze» (CARLO M. MARTINI, Davide peccatore e credente, Centro ambrosiano – Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1989, pp. 54-55).

Credo che tali riflessioni siano utili da vari punti di vista. Anzitutto abbiamo la conferma che la tentazione si esprime sempre in modo subdolo. In apparenza ci spinge a quella che a noi sembra una cosa buona (ne parlo nel cap. XI, §2 del Manuale). Comunque Martini ci mette in guardia non da qualche peccato specifico, ma da qualcosa di molto più sottile: la ricerca del successo, una forma di egocentrismo, la presunzione di aver capito tutto o quasi, addirittura la tendenza a giudicare il Signore, e poi la paura della povertà.
Forse la frase che più mi ha colpito è la seguente: “È vero che il diavolo fa il suo mestiere, ma è legittimo chiederci come mai può farlo con tanta facilità”.
Auguro a me e a voi di progredire nella purificazione del cuore (è uno dei temi del Vangelo della prossima domenica!), delle motivazioni, e di lavorare sempre per l’unità, l’unica vera unità: nel Signore, nel cercare solo la sua gloria.