Pensiero serale 29-08-2024

Lo scorso 18 agosto, domenica, abbiamo meditato un brano tratto dal VI capitolo del Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58). Stasera voglio proporvi di meditare il commento donatoci da don Fabio. Sono riflessioni molto belle e intense che ci aiutano ancora a meditare sull’immenso dono che è l’Eucaristia. 

 

XX domenica del Tempo Ordinario

Gv 6,51-58

«“Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Come può un uomo – che normalmente è un insieme di bisogni, urgenze, necessità e diritti – dare se stesso come cibo? Come può essere che la carne umana divenga dono, esista in un modo di essere che sia veramente a disposizione dell’altro?

Noi siamo abituati a pagare tutto, a meritare tutto, a essere all’altezza di tutto, e per questo abbiamo interiormente una corda tesa come una corda di violino, che ci impone, reconditamente, di stare all’erta e di sorvegliare le risorse, di monitorare le minacce, di controllare le situazioni 

Nell’animo umano soffia uno spiffero di scoraggiamento e incredulità, che ci fa stare con il freno a mano tirato. È la contraddizione di chi spera di trovare l’amore ma poi non crede che esista 

“Come può costui darci la sua carne da mangiare?” I Giudei discutono fra loro, e ogni uomo ha questa diatriba dentro di sé. C’è un “io” smaliziato, navigato, con l’occhio a mezz’asta, che guarda tutto il Vangelo con sguardo ironico e smonta ogni annuncio e ogni apertura impugnando le delusioni, le ferite e gli errori proprio altrui, oscurando ogni speranza con la vernice nera dell’amarezza 

E di contro, nel più profondo del nostro cuore, c’è un “io” semplice, piccolo, confidente, creato da Dio per la figliolanza e per la fiducia.

“La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”.

Questa non è una nostra deduzione, questa è una rivelazione, perché noi non avremmo mai potuto ipotizzare un Dio tanto disponibile. Questa è la profezia che è svelata nell’Eucarestia.

“La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”. Cosa è un alimento? È una realtà disponibile per il suo fruitore, tanto da essere assunta, distrutta, metabolizzata e diventare completamente parte di colui che mangia. Questo è Cristo. Totalmente per noi, completamente nostro, a nostra disposizione.

Ma noi restiamo freddi, per tutto il lavorio disgregante di cui sopra. Che fare?

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”. Mangiare Cristo, provare a prenderlo. Perché in questo Vangelo Lui sta gridando: “Mangiami! Prendimi! Non avere paura di me! Sono per te!”. In fondo pensiamo che Dio abbia qualcosa da prendere, da chiedere, da esigere.

Ma può veramente Dio avere qualcosa da toglierci? Il Dio che ha creato le galassie? Costui sarebbe un rapace? E di cosa? Ma di chi stiamo parlando?

Dio non ha niente da chiederci. Se così fosse non sarebbe Dio. E peraltro: cosa potremmo mai avere da dargli? Piuttosto: Dio ha qualcosa da darci. Anzi: ha molto da darci. Perché è Padre. Infatti, come può Cristo amare così e darci se stesso?

“Il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre”. Il Padre ha la vita, fa vivere. Non toglie, non sottrae, non sbrana. Dio dà la vita, e la dà senza chiederla indietro.

Per questo i cristiani si abbandonano alla sua santa volontà: non perché sono buoni, ma perché Dio è buono, perché fidarsi è la strada per rimanere in Cristo e avere la vita del Padre. 

Siamo noi che mangiamo Cristo, non il contrario» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 158-160).

 

Vi confido che sto ancora pensando a tale commento perché ci sono alcune domande che mi hanno lasciato alquanto perplesso. Dalle parole di don Fabio sembra emergere che Dio non chieda e non tolga nulla, essendo Egli onnipotente e Amore totale, gratuito. Eppure io temo che, “ragionando” così, ci sia il rischio di eliminare del tutto la dimensione etica. In effetti, a livello morale a me pare che Gesù chieda parecchio. A questo tema di enorme rilevanza io dedico il § 11 del IV capitolo del mio Manuale (pp. 202-206). Qui mi limito a segnalarvi quattro passi biblici: Gen 22,2; Mt 10,37-39; 19,21; Lc 9,23-24).