Pensiero serale 29-07-2024

Stasera vi presento il commento di don Fabio al Vangelo della s. Messa di ieri.

«Il racconto di Giovanni della moltiplicazione dei pani e dei pesci ha due peculiarità. Una, appena accennata, è la menzione della Pasqua.
L’altra è evidente: mentre negli altri Vangeli il problema parte dai discepoli, qui è Gesù che pedagogicamente porta i suoi discepoli dentro il problema della fame patita dalle folle. Il testo dice: “Egli, infatti, sapeva quello che stava per compiere”. La situazione non gli capita addosso; Lui la seleziona e la gestisce.
Domanda a Filippo dove si possa trovare il cibo per quella folla. E Filippo deve constatare di non avere le risorse. Poi viene fuori che c’è un ragazzo che ha cinque pani e due pesci. “Ma che cos’è questo per tanta gente?”.
Era qui che Gesù li voleva portare: farli misurare con quel che li supera. Gli altri Vangeli raccontano che i discepoli propongono di congedare le folle prima che si ponga il problema del cibo. “Ad impossibilia nemo tenetur”, antico detto latino che parla della impossibilità oggettiva. Con questo detto si possono dribblare molti problemi.
A meno che…
A meno che non sia Pasqua, quando Dio si manifesta. Se la Chiesa è solamente il luogo del possibile, a cosa ci serve far riferimento a un uomo risorto da morte? Quanto è possente la tentazione di leggere tutto come una morale, come una serie di precetti etici da applicare per essere nel giusto! Restiamo nel campo dei “possibilia”, e tiriamo diritto.
Ma la Chiesa è il Corpo di Cristo, dove si fa esperienza della vita eterna, quella che non si misura sulle nostre forze. Niente di ciò che è cristiano è alla portata della sola buona volontà, perché ciò che è cristiano è sempre un incontro tra l’uomo e Dio, tra la povertà umana e la gloria di Dio. Lui ama manifestarsi nei nostri limiti.
Nelle nostre mani cinque pani e due pesci sono poca roba, ma nelle mani di Cristo sono ben altro! Diventano la manifestazione della sua Pasqua, quando si trae la vita dalla morte, il molto dal poco, l’abbondanza dalla scarsità.
Ogni vita cristiana è una chiamata all’esperienza di vedere la povertà che diviene ricchezza per la potenza del Padre.
Il sacramento del matrimonio, il servizio, la paternità e la maternità, la fraternità ecclesiale, sono tutte chiamate all’esperienza della potenza di Dio.
Ma…
Ma occorre consegnare i pani e i pesci a Cristo. Che lui li spezzi a piacimento, allora diventeranno tanti da avanzare.
Perché i matrimoni si sfaldano, il servizio è faticoso, i figli perdono la fede, e le comunità ecclesiali possono essere inguardabili? Perché nessuno molla la presa.
Mi dica Dio cosa devo fare, e io lo faccio. Da solo. Risultato: mediocrità.
Ma se qualcuno lascia il volante e consegna tutto quel che è e ha nelle mani di Cristo, allora si vola.
Per sfamare questo mondo ferito non abbiamo bisogno di essere dotati chissà quanto, ma di saperci consegnare. Il mondo ha bisogno di cristiani che svuotino il tascapane nelle mani di Cristo, per poter mangiare la Sua opera, non la nostra. Per mezzo del nostro poco» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 146-148).

Il pensiero di don Fabio mi sembra un inno alla speranza fondata sulla Pasqua, cioè sulla fiducia nella potenza di Gesù Risorto. Resto alquanto perplesso dinanzi alla seguente frase:

“Quanto è possente la tentazione di leggere tutto come una morale, come una serie di precetti etici da applicare per essere nel giusto!”.

Temo che chi legge in modo superficiale e mondano queste parole possa pensare che è bene mettere da parte la dimensione morale …quasi fosse una tentazione. Io ovviamente sono certo proprio del contrario. Insomma, sono sicuro che oggi la più grande tentazione sia di mettere da parte la dimensione etica. Il punto di fondo è in una frase stupenda di san Paolo: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza!” (Fi 4,13). La morale non va accantonata ed è gravissimo (come fanno molti oggi anche nella Chiesa) gettare su di essa continuamente un’ombra di sospetto. È di importanza decisiva eliminare il rischio del pelagianesimo, l’eresia che accentua la dimensione etica prescindendo dalla Grazia di Dio. Ricordiamo che l’Arcangelo alla Vergine disse: “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37). Con la Grazia di Dio io posso e devo osservare tutte le norme morali. Solo così rispondo adeguatamente all’amore che il Signore ha per me.
So che sono concetti non facili (che peraltro io tratto quasi in tutti i capitoli del Manuale), ma resto sempre a disposizione di chi ha bisogno di chiarimenti.