Fra poco comincia l’Avvento. Anche stasera mi faccio aiutare da Riccardo Maccioni, che a sua volta introduce una preghiera di un sacerdote francese. Ecco anzitutto la riflessione del giornalista.
«Viviamo in tempi frenetici, ma forse è sempre stato così. Le ore non bastano mai, gli impegni si accavallano, coniugare famiglia e lavoro risulta sempre più difficile. Eppure, le cose importanti hanno bisogno di tempo, spesso si costruiscono pietra su pietra, crescono goccia su goccia e tu puoi solo aspettare che maturino, usando tutta la pazienza che hai. E poi tante volte il non avere tempo è semplicemente una scusa. Quando ti importa davvero di una persona, un minuto per scriverle un messaggio, per andarla a trovare, per chiederle semplicemente “come stai?”, lo trovi sempre. In questo la vita della Chiesa è maestra. Non a caso il Natale, la festa del Dio che si incarna e si fa creatura è preceduta dall’Avvento, tempo dell’attesa, che se vissuto adeguatamente, nella preghiera e nel servizio, diventa scuola d’amore. Lo spiega bene in questa preghiera Jean Debruyrnne (1925-2006) sacerdote francese morto in Libano, a lungo cappellano delle guide scout transalpine» (RICCARDO MACCIONI, Lunedì dello spirito. La preghiera dell’attesa, in Avvenire, 25-11-2024.
Ora c’è la preghiera.
«Non amo attendere nelle file. Non amo attendere il mio turno. Non amo attendere il treno. Non amo attendere prima di giudicare. Non amo attendere il momento opportuno. Non amo attendere un giorno ancora. Non amo attendere perché non ho tempo e non vivo che nell’istante. D’altronde tu lo sai bene, tutto è fatto per evitarmi l’attesa: gli abbonamenti ai mezzi di trasporto e i self-service, le vendite a credito e i distributori automatici, le foto a sviluppo istantaneo, i telex e i terminali dei computer, la televisione e i radiogiornali. Non ho bisogno di attendere le notizie: sono loro a precedermi. Ma tu, Dio, tu hai scelto di farti attendere il tempo di tutto un Avvento. Perché tu hai fatto dell’attesa lo spazio della conversione, il faccia a faccia con ciò che è nascosto, l’usura che non si usura. L’attesa, soltanto l’attesa, l’attesa dell’attesa, l’intimità con l’attesa che è in noi, perché solo l’attesa desta l’attenzione e solo l’attenzione è capace di amare».
Mi rendo conto che attendere non è facile. Penso che imparare ad attendere possa aiutarci a capire l’importanza della pazienza e della preparazione. Gesù ha atteso molti anni nella Santa Casa di Nazareth prima di iniziare il suo ministero. Imparare ad attendere può significare non imporre agli altri le nostre attese riguardo al tempo. Forse l’arte di un genitore è anche questa: saper attendere la crescita, la maturazione del figlio.
Attendere Dio significa anche non imporgli i nostri schemi. Forse perciò Gesù non venne accettato quando venne sulla terra. Gli Ebrei avevano idee molto precise su ciò che doveva fare il Messia. Non riuscirono a capire che il Signore non delude mai le nostre attese, ma supera di molto i nostri desideri. Vi invito a meditare bene Is 55.8-9. È uno dei miei passi biblici preferiti. Spesso preghiamo perché attendiamo che Dio ci esaudisca. A me spesso capita di pensare proprio il contrario e dico a Gesù: “Donami la capacità di ascoltarti per sapere cosa Tu attendi da me”.