Pensiero serale 27-07-2024

Stasera vi propongo una riflessione piuttosto impegnativa sul capitolo XV del Vangelo secondo Giovanni. Ci è stato proposto martedì scorso in occasione della festa di santa Brigida. 

 

«Lectio Divina

Rimani e porta frutto

Lettura

Il capitolo 15 del Vangelo di Giovanni, suddiviso in tre parti, è il secondo “discorso di addio”. La prima parte (15,1-17) tratta del fondamento della comunità cristiana e la parola chiave è “amore”. I versetti di oggi sviluppano il motivo del “rimanere in Cristo” attraverso l’immagine della vite, che nell’Antico Testamento indica spesso il popolo di Dio (Is 5,1-10), ma trasformandola radicalmente: essa non indica più il popolo di Dio, ma Gesù stesso. I vv. 1-4 mostrano come è possibile essere discepolo di Gesù. I vv. 5-8 danno un contenuto alla vita del discepolo. La relazione tra Gesù e il credente è dono e responsabilità: il portare frutto.

 

Meditazione

Il portare frutto è un dono basato interamente nel “rimanere in Cristo”. Ma c’è anche una responsabilità: il “rimanere in Cristo” deve concretizzarsi nel “portare frutto”. Non c’è dono senza responsabilità e, inversamente, non c’è esercizio di responsabilità che non trovi la sua sorgente nel dono. Concentriamoci su questi due verbi, “rimanere” e “portare”. Il vangelo odierno pone l’accento sulla dimensione di interiorità essenziale alla vita di fede: “rimanere in Cristo” esprime un’attività che si svolge nell’intimo del credente. Nella misura in cui il discepolo “rimane in, fa parte” della “vite” che è Gesù, porterà frutto. Come è essenziale al tralcio “rimanere nella vite” per fruttificare, così è essenziale al discepolo “rimanere in Cristo” per dare frutto. “Rimanere” non è un passivo adeguarsi a uno status in cui ci si trova, ma indica un evento dinamico, in quanto designa la maturità del rapporto di fede e di amore del credente con il suo Signore; nel rapporto di coppia si “rimane”, perché tra i due c’è amore, famiglia, progetti, non perché c’è solo un tetto sotto il quale stare. La “sequela”, cioè la quotidiana fatica di porre i propri passi sulle orme di Cristo, deve interiorizzarsi e divenire un “rimanere” nell’amore di Cristo. L’amore diviene “storia” quando in esso “si rimane”. Solo così l’esperienza dell’amore ci scava nel profondo, agisce e opera cambiamenti in noi. Questo “rimanere nell’amore” diviene fondamento del perseverare nella fede. Di più: il “rimanere” in Cristo è basilare per il “rimanere” con i fratelli nella comunità ecclesiale. Il “portare molto frutto” è poi spiegato da Gesù con la frase “diventare miei discepoli” (Gv 15,8). A noi, che troppo spesso pensiamo di essere già discepoli, di essere già cristiani, il vangelo ricorda che la vita cristiana è un cammino in cui, strada facendo, si impara a divenire discepoli, a divenire cristiani.

 

Preghiera:

Signore, voglio rimanere nel tuo amore per ascoltare la tua Parola: l’unica capace di raggiungere il mio essere. Spirito Santo, nutri la mia preghiera, illumina la mia comprensione delle Scritture, opera in me affinché i frutti dei tuoi doni, a poco a poco, possano crescere.

 

Agire: 

Per “portare frutto”, dopo aver pregato, o aver partecipato alla Santa Messa, compio un’opera d’amore verso il mio prossimo» (DOMENICO RUGGIANO, in Messa e meditazione 2024, luglio-agosto, pp. 184-185).

 

Tale commento mi è stato di grande giovamento perché mi ha aiutato a capire che rimanere in Cristo (il tralcio unito alla vite) non ha nulla di statico, di ripetitivo, quasi un vivere di rendita (= sono unito alla vite e automaticamente produco frutto grazie a questo mio stare unito alla vite). Tale riflessione va meditata con calma e ripetutamente perché traccia un collegamento molto interessante tra il rapporto che mi unisce al Signore, la vita all’interno della coppia e anche il legame tra fratelli nella vita ecclesiale. Il tema dominante è certamente l’amore.