Quindici giorni fa (cfr. Mc 12,38-44) ci veniva proposto lo stesso episodio del Vangelo di oggi (Lc 21,1-4): l’obolo della vedova. Vi propongo un commento molto intenso, caratterizzato da numerosi interrogativi.
« “Dio ama chi dona con gioia” (2 Cor 9,7). O Signore, che cosa sarebbe la nostra vita se fosse toccata dai doni con le stesse caratteristiche e beatitudini dei tuoi?
Doni disinteressati che permettano di crescere: conosceremmo l’avidità e l’inganno?
Doni duraturi basati su promesse fedeli e veraci: conosceremmo il divorzio?
Doni generativi che producono vita nel dare se stessi: conosceremmo l’aborto?
Doni che si moltiplicano nell’essere distribuiti: conosceremmo l’indigenza?
Doni che consolano chi soffre: conosceremmo la solitudine?
Doni che perdonano chi ha sbagliato: conosceremmo la vendetta o il rancore?
Doni che accolgono senza distinzione di cultura, di fede, di lingua, di colore: conosceremmo la discriminazione?
Doni di pace e di fratellanza: conosceremmo la violenza, la guerra, la sopraffazione?
Doni di riconoscenza per i due spiccioli della vedova: conosceremmo l’ingratitudine?
O Signore, la nostra natura ferita e corrotta, dietro pretesto di nobili azioni, spesso veicola doni mascherati dal proprio egoismo e dalla propria vanità. Fa’ che i nostri doni incarnino solo le intenzioni pure dell’amore!» (GHIDELLI CARLO, Oratio, in Lectio divina per ogni giorno dell’anno, Queriniana, Brescia 2000, vol. 8, pp. 325-326).
È evidente che, se il Vangelo fosse conosciuto e vissuto, il mondo sarebbe del tutto trasformato. Siamo chiamati a vedere non solo ciò che facciamo, ma con quale cuore, con quale intenzione. Inoltre, combattiamo la tentazione – sempre ricorrente – di prestare attenzione al comportamento degli altri.