Il brano, che vi spedisco stasera, è del tutto al di sopra di ogni mio tentativo di commento o di presentazione. Posso solo dire che si tratta di un’esperienza stupenda che il Signore ha donato a santa Teresa.
«La visione di Gesù Cristo m’impresse nell’anima la sua incomparabile bellezza che ho ancora presente. E ciò sarebbe bastato vederlo una volta sola; a maggior ragione dopo averlo visto tante volte, come il Signore ha voluto. La visione di nostro Signore e la continua conversazione che avevo con lui aumentarono di molto il mio amore e la mia fiducia. Comprendevo che Dio è anche uomo e che, come tale, non soltanto non si meraviglia della debolezza umana, ma sa pure che questa nostra misera natura va soggetta a molte cadute, a causa del primo peccato che egli è venuto a riparare. Benché sia Dio posso trattare con lui come con un amico.
Oh, Signor mio e mio Re! Se si potesse dipingere la grandezza che in te rifulge! È impossibile non riconoscere che sei la stessa Maestà! A guardarti si rimane pieni di stupore, soprattutto nel vederti così umile e così pieno di amore con una creatura come me. Passato quel primo senso di sgomento che nasce alla vista di tanta tua grandezza, si può trattare con te e parlarti liberamente. E dopo si ha un altro timore assai più grande, quello di offenderti, ma non già per paura del castigo, non essendovi allora per l’anima altro maggior castigo che quello di perdervi» (TERESA D’AVILA, Vita XXXVII, 4-6).
Noi, pur nella nostra pochezza, possiamo imparare moltissimo da questo brano, per esempio sul tema dell’amicizia col Signore, sul parlare liberamente con Lui. Io vedo anche un profondo collegamento col pensiero di ieri, in quanto solo lo Spirito Santo ci può portare a una vera e intima esperienza di amicizia con Gesù. Sono anche certo che sia utile riflettere sull’immensa differenza tra paura e timore.