Don Fabio nel commento al Vangelo di questa domenica tratta vari temi, tutti collegati fra loro. Forse quello che più mi ha colpito ha una grande attinenza con la psicologia: il tema della “comfort zone”.
XII domenica del Tempo Ordinario
Mc 4,35-41
«Passiamo all’altra riva».
“Passare un guado”, “andare oltre” è un’azione evocativa in tutta la Bibbia che richiama il cambiamento, il salto di qualità, e i passaggi cruciali della vita personale e sociale. Il cuore di tutta la storia della salvezza, la Pasqua, fu il passaggio di un mare per uscire dalla terra dell’oppressione e incamminarsi verso il luogo della libertà. Tutta la vita umana inizia con un guado, uscire dal grembo materno, andare oltre il liquido amniotico e venire alla luce; così ci sarà poi il guado della fine dell’infanzia, affrancarsi dalle ossessioni adolescenziali, sposarsi o consacrarsi, o comunque uscire dalla “comfort-zone” paterna e rendersi autonomi. Poi ci sarà il guado della maturità, nonché quello della vecchiaia e da ultimo la traversata finale al Cielo, il guado della morte.
E non solo. Amare qualcuno richiede di andare oltre la propria autoreferenzialità, de-assolutizzarsi e varcare la soglia della solitudine, una soglia da varcare molte volte, il cambio di un atteggiamento, il superamento di una cattiva abitudine, il perdono di un torto, la metabolizzazione di un errore, tutti cambiamenti che possono essere difficili, dolorosi.
L’uomo ha paura di cambiare, eppure ha tanto desiderio di farlo, spesso, per sentirsi vivo, per non stagnare. In un certo senso chi non sa cambiare, non sa vivere…
Ma il giorno in cui ci cimentiamo con il guado, nella traversata scopriamo che in mezzo al mare c’è una tempesta, è nella realtà delle cose: la vita non ci vuole mollare, nessuno è libero per costituzione, ma è chiamato ad apprendere l’arte della liberazione, e si sente solo, sembra che Cristo dorma, ma a un dato momento si scopre che le vere traversate ci chiedono più di quanto siamo, ci sembra di morire, e allora finalmente si chiede aiuto e ci si chiede che c’entri Dio con quel che stiamo vivendo. “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. È la preghiera, che sorge dall’esperienza della propria insufficienza e dalla percezione tragica della nostra fragilità. Finalmente. Fin lì continuavamo a remare come se ce la potessimo fare da soli.
No, abbiamo bisogno di aiuto, ci vuole un salvatore… uno che sia più forte del vento e delle acque minacciose…
“Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Proprio così, abbiamo paura, non abbiamo ancora fede, continuiamo a fare da soli e chiediamo aiuto solo se disperati.
Molta gente dice: non è bello che io chieda aiuto solo quando ho bisogno. Che banalità! Certo che chiedi aiuto quando hai bisogno. Quello che non quadra è che pensi qualche volta di non averne bisogno.
Vivere richiede quell’aiuto, l’alternativa è passare la vita a remare penosamente, ma ogni vero passaggio della vita richiede un di più che è la fede e deve scrollarsi di dosso la paura. È qui la differenza fra mediocre e sublime: pensare di poter bastare per la propria missione di padre, amico, fratello o prete, vuol dire produrre minuzie e brutte copie di atti di vero guado verso la vita maiuscola.
Come affrontare la vita senza l’aiuto di Colui a cui il mare e il vento obbediscono? Siamo ogni giorno fra mare e venti contrari, e il naufragio non è poi così lontano da noi, perlomeno quello della mediocrità»
(ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 130-132).
Siamo aiutati a riflettere sui possibili naufragi della mediocrità, sul saper affrontare le proprie paure. Siamo messi in guardia dall’illusione/presunzione di poter fare a meno di Dio. Il Signore ci offre la possibilità di capire e vivere il vero amore e la vera libertà.