Per meditare ancora il brano del Vangelo di questa domenica vi invio ciò che ha detto il Papa in occasione dell’Angelus recitato stamattina.
«Nel Vangelo della Liturgia odierna Gesù descrive una grande tribolazione: “il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce” (Mc 13,24). Di fronte a questa sofferenza, molti potrebbero pensare alla fine del mondo, ma il Signore coglie l’occasione per offrirci una diversa chiave di lettura, dicendo: “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mc 13,31).
Possiamo soffermarci su questa espressione: ciò che passa e ciò che resta.
Anzitutto ciò che passa. In alcune circostanze della nostra vita, quando attraversiamo una crisi o sperimentiamo qualche fallimento, così pure quando vediamo attorno a noi il dolore causato dalle guerre, dalle violenze, dalle calamità naturali, abbiamo la sensazione che tutto vada verso la fine, e avvertiamo che anche le cose più belle passano. Le crisi e i fallimenti, però, anche se dolorosi, sono importanti, perché ci insegnano a dare a ogni cosa il giusto peso, a non attaccare il cuore alle realtà di questo mondo, perché esse passeranno: sono destinate a tramontare.
Allo stesso tempo Gesù parla di ciò che resta. Tutto passa, ma le sue parole non passeranno: le parole di Gesù rimangono in eterno. Ci invita così a fidarci del Vangelo, che contiene una promessa di salvezza e di eternità, e a non vivere più sotto l’angoscia della morte. Infatti, mentre tutto passa, Cristo resta. In Lui, in Cristo, un giorno ritroveremo le cose e le persone che sono passate e che ci hanno accompagnato nell’esistenza terrena. Alla luce di questa promessa di risurrezione, ogni realtà acquista un significato nuovo: tutto muore e anche noi un giorno moriremo, ma non perderemo nulla di quanto abbiamo costruito e amato, perché la morte sarà l’inizio di una nuova vita.
Fratelli e sorelle, anche nelle tribolazioni, nelle crisi, nei fallimenti il Vangelo ci invita a guardare alla vita e alla storia senza timore di perdere ciò che finisce, ma con gioia per ciò che resta. Non dimentichiamo che Dio prepara per noi un futuro di vita e di gioia.
E allora chiediamoci: siamo attaccati alle cose della terra, che passano, che passano in fretta, o alle parole del Signore che restano e ci guidano verso l’eternità? Facciamoci questa domanda, per favore. Ci aiuterà.
E preghiamo la Vergine Santa, che si è affidata totalmente alla Parola di Dio, affinché Lei interceda per noi» (FRANCESCO, Angelus 17-11-2024).
Quando penso alla frase “le mie parole non passeranno” (Mc 13,31), cerco di individuare se ci sono frasi nella Bibbia che mi accompagnano costantemente nel mio cammino. Ho ricordato alcuni passi: Mt 25 (tutto); Lc 15 (tutto); Gv 14,6; Fil 4,13; Gv 15,5; Ap 3,15-16. 20. Forse più di tutto da 45 anni mi accompagna Gv 12,24. Auguro a ognuno di fare questa piccola verifica: c’è qualche frase della Bibbia che illumina costantemente la mia esistenza, le mie scelte?
Infine, a proposito del verbo “restare”, io penso a un verbo molto simile: “rimanere”, presente per esempio in Gv 15. Spesso nella predicazione e nell’insegnamento ritengo prezioso ricordare le stupende parole pronunciate dal cardinale Ratzinger il giorno prima di essere eletto papa.
«Dobbiamo portare un frutto che rimanga. Tutti gli uomini vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il denaro no. Anche gli edifici non rimangono; i libri nemmeno. Dopo un certo tempo, più o meno lungo, tutte queste cose scompaiono. L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità. Il frutto che rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle anime umane – l’amore, la conoscenza; il gesto capace di toccare il cuore; la parola che apre l’anima alla gioia del Signore. Allora andiamo e preghiamo il Signore, perché ci aiuti a portare frutto, un frutto che rimane. Solo così la terra viene cambiata da valle di lacrime in giardino di Dio» (RATZINGER JOSEPH, Omelia Santa Messa celebrata pro eligendo Romano Pontifice, 18 aprile 2005).