Sul tema della preghiera stasera vi offro un riflessione molto semplice e bella di s. Teresa di Lisieux, introdotta da Riccardo Maccioni. Ecco anzitutto questa premessa.
«Tante volte ci mancano le parole. Vorremmo dire cose che per noi sono molto importanti ma ci blocchiamo, per timidezza, per paura di una reazione negativa, per malcelato orgoglio. Succede nella vita di tutti i giorni, capita anche nella realtà dello spirito. Non a caso i mistici insegnano che la più alta forma di preghiera consiste nello stare semplicemente con Dio, cuore a cuore con Lui. Ma si tratta di vette spirituali elevatissime. Stando più in basso, può capitare di sentire tutta l’inadeguatezza del nostro rivolgersi al Signore. Una consapevolezza che però non deve bloccarci. In questa sua delicata riflessione, santa Teresa di Lisieux (1873-1897) ci ricorda che nella preghiera non contano tanto le belle frasi ma il nostro atteggiamento, il cuore con cui siamo presenti. “Io dico semplicemente al buon Dio quello che gli voglio dire”, spiega santa Teresina» (RICCARDO MACCIONI, Lunedì dello spirito. La preghiera non ha bisogno di grandi parole, in Avvenire, 26-8-2024).
Ecco ora le considerazioni di s. Teresa.
«Quanto è grande la potenza della preghiera! La si direbbe una regina che ha in ogni istante libero accesso presso il re e può ottenere tutto ciò che ella chiede. Non è affatto necessario per essere esauditi leggere in un libro una bella formula composta per la circostanza: se fosse così… ahimè! Quanto sarei da compiangere! Al di fuori dell’Ufficio Divino, che sono ben indegna di recitare, non ho il coraggio di costringermi a cercare nei libri belle preghiere, questo mi fa venire male alla testa, ve ne sono tante!… E poi sono tutte una più bella dell’altra…. Non saprei recitarle tutte e non sapendo quale scegliere, faccio come i bambini che non sanno leggere, dico semplicemente al buon Dio quello che gli voglio dire, senza costruire belle frasi e sempre Egli mi capisce… Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il cielo, è un grido di riconoscenza e d’amore sia nella prova che nella gioia; insomma è qualcosa di grande, di soprannaturale, che mi dilata l’anima e mi unisce a Gesù».
In questi giorni di Esercizi mi sono stati segnalati due passi di san Paolo (1 Ts 5,16-18 e Fil 1,3-4), in cui l’Apostolo ci consegna tre imperativi ben precisi. Spero tanto che meditiate questi due piccoli brani e vediate bene quali sono questi tre imperativi. Potremmo impostare su di essi tutta la nostra esistenza.