Stasera vi invito a meditare ancora il Vangelo di ieri (Mc 10,17-30) grazie alle riflessioni di don Fabio Rosini.
XXVIII domenica del Tempo Ordinario
Mc 10, 17-30
«L’uomo che supplica Gesù di poter ereditare la vita eterna rappresenta tutti coloro che cercano vita ma non l’hanno trovata. Anche se hanno fatto tutto quello che dovevano fare e hanno osservato ogni regola.
C’è una generazione – ormai molto matura – di persone: cresciute a senso del dovere, che si sono sacrificate per tutta la vita. Eppure molti non l’hanno trovata, o almeno non hanno mostrato di averla. La maggior parte di loro ha incarnato un Cristianesimo fatto di obblighi che non ha convinto le generazioni successive. Tanta gente buona che ha visto i figli uscire dalla Chiesa, perché quel che loro offrivano non interessava.
C’è stata poi, circa 50 anni fa, una generazione inquieta che ha cercato la vita ovunque, distruggendo tutto, dandosi licenza di fare ogni cosa, combattendo frontalmente il senso del dovere. E ci siamo ritrovati – giovani o vecchi – senza la vita autentica ma solo tanti sensi di colpa oppure tanta confusione.
In questo Vangelo ci è svelato quel che manca, quel che non abbiamo, che poi è ciò che veramente conta.
Gesù guarda intensamente quest’uomo, lo vede per quel che è, e lo ama. Non è uno sguardo elitario, è il puro e semplice rapporto che Gesù instaura, l’unico che ha con le persone: le ama, perché le vede. Lui ha la vita, Lui è la vita; ma come può condividere la sua vita con noi? Semplice: chiede di entrare nella sua esistenza. E dice a questo uomo: “Lascia tutto e seguimi!” Ossia “Ho visto che non hai vita, ho visto che tu, come tutti, non puoi fare niente di tuo per darti l’eternità che cerchi. Anche il migliore di voi, quello più coerente, quello più fedele e tenace e costante fin dalla giovinezza come te, non arriva ad altro che alla vita che già ha, una vita che finisce, cui manca sempre qualcosa. Non può che essere così, perché non c’è qualcosa da “fare”, quel che vi manca sono Io, di avermi e di essere miei, di darmi tutto perché Io vi dia tutto. E il “mio” è cento volte quel che potete lasciare voi!”.
“Lascia tutto e seguimi!”.
Il Vangelo lo dice a tutti: “Lascia tutto e segui Cristo!”.
Questa non è una parola per gente speciale, questo succede a tutti. Se Dio ti concede di poter amare una donna, ti sta chiedendo: giòcati tutto per lei, non mettere parentesi, perché il sacramento del matrimonio è una chiamata a seguire il Signore, e se permette una malattia, abbandònati, non ti difendere, perché ogni malattia in realtà è una missione. E se ti ha donato un figlio, molla ogni cosa per lui, perché la paternità è la natura di Dio.
E riceverai cento volte tanto. Avrai il suo amore, che vince la morte, che è l’eternità. Qui non si tratta di esserne capaci, ma, semplicemente, di staccare le grinfie dalla nostra vita. E non per essere poveri, ma ricchi. Perché la vita che lasciamo è sempre piccola, mentre la Sua è immensa.
Cristo non ci chiama alla povertà ma alla vera ricchezza. “Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo”.
Questa non è indigenza ma abbondanza sconfinata.
È questa la vita che cerchiamo» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 182-184).
È evidente che don Fabio precisa che questo brano del Vangelo non è riservato per frati e suore, ma è una chiamata all’amore per ciascuno di noi. Sono molto importanti i cenni alla vita dei coniugi, al compito della paternità e della maternità e anche alla malattia.
Forse il punto più interessante è quello della rinuncia. Con Gesù troviamo l’unico vero tesoro. Vi invito a meditare Mt 13,44-46 e a riflettere sul rapporto tra le religioni alla luce di questa grande verità. Sul dialogo tra le religioni il mio passo preferito è At 4,12.