Io sono sempre più convinto che lavorare per questi pensieri serali sia un dono immenso … per me!
Vi faccio solo un esempio. Quando entro in un luogo e trovo “qualcosa” che penso che vi possa essere utile, cerco di “acquisirla” e il più delle volte ne traggo anzitutto io tanta luce. Recentemente, entrato in una chiesa (in cui non ero mai stato in precedenza) al buio, isolata, vuota, fredda, ho visto un foglio con una preghiera e l’ho fotografata. Eccola.
«Profeti di un futuro non nostro
Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano.
Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni.
Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte di quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio.
Niente di ciò che noi facciamo è completo.
Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi.
Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire.
Nessuna preghiera esprime completamente la fede.
Nessun credo porta la perfezione.
Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni.
Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa.
Nessuna meta né obiettivo raggiunge la completezza.
Di questo si tratta:
Noi piantiamo semi che un giorno nasceranno.
Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno.
Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà.
Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità.
Non possiamo fare tutto, però dà un senso di liberazione l’iniziarlo.
Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene.
Può rimanere incompleto, però è l’inizio, il passo di un cammino.
Una opportunità perché la grazia di Dio entri e faccia il resto.
Può darsi che mai vedremo il suo compimento, ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale.
Siamo manovali, non capomastri, servitori non messia.
Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene» (Oscar Arnulfo Romero).
Questa preghiera mi ha donato tanta pace e immensa luce, mi ha aiutato a capire che cosa significa essere servi inutili (cfr. Lc 17,10) e che cos’è la speranza; ho compreso meglio perché Marta sbagliava ad affannarsi tanto (cfr. Lc 10,38-42).
Siccome più invecchio, più si consolida una sola certezza: che da un momento all’altro lascerò incompiute tante attività, e così constato con immensa sofferenza l’assoluta mancanza di frutti nel mio povero ministero, di conseguenza sono tentato da un profondo senso di fallimento, pensando ai talenti di cui il Signore mi chiederà conto (cfr. Mt 25, 14-30). Poi, leggendo e rileggendo questa preghiera, mi rendo conto di come sono miope e ansioso. Solo qualche giorno dopo aver trovato questo testo, ho saputo chi ne era l’autore e allora mi sono commosso ancora di più: un uomo di livello altissimo. Parlo di lui nel Manuale (cap. IX, § 29, pp. 436-437).