Pensiero serale 09-10-2024

Stasera vi spedisco il testo di un canto brasiliano. Credo che in estrema sintesi sia una forte esortazione a coniugare insieme umiltà e fiducia, Grazia di Dio e impegno dell’uomo. Ecco come Riccardo Maccioni ha introdotto questo canto:

 

«Essere umili, riconoscere che da soli non possiamo cambiare il mondo, sono scelte di vita che sicuramente avvicinano a Dio. Non deve significare però rinunciare a impegnarsi per migliorare la realtà in cui siamo immersi. Il cristianesimo, recita una massima popolare, ha poco a che fare con la vita comoda. Al contrario, il Vangelo è un costante invito a mettersi al servizio degli altri, soprattutto i più poveri, quelli che non hanno la possibilità di contraccambiare. Perché Dio per diffondere il bene nel mondo ha bisogno di noi, di ciascuno di noi. Come recita il canto brasiliano che pubblichiamo integralmente, Dio si affida all’uomo modellato sul suo amore, per testimoniare la fede, per far crescere la carità, per “fare brillare la luce negli occhi di tutti”» (RICCARDO MACCIONI, Lunedì dello spirito. Dio conta su ciascuno di noi, in Avvenire, 7-10-2024).

 

Ecco il testo del canto brasiliano, che forse alcuni già conoscono.

 

«Dio solo può dare la fede, tu, però, puoi dare la tua testimonianza; Dio solo può dare la speranza, tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli; Dio solo può dare l’amore, tu, però, puoi insegnare all’altro ad amare; Dio solo può dare la pace, tu, però, puoi seminare l’unione; Dio solo può dare la forza, tu, però, puoi dar sostegno ad uno scoraggiato; Dio solo è la via, tu, però, puoi indicarla agli altri; Dio solo è la luce, tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti; Dio solo è la vita, tu, però, puoi far rinascere negli altri il desiderio di vivere;

Dio solo può fare ciò che appare impossibile, tu, però, potrai fare il possibile; Dio solo basta a se stesso, egli, però, preferisce contare su di te».

 

Penso ancora al Vangelo di domenica scorsa e sono sempre più convinto che il problema non è costituito dall’omosessualità né dalle convivenze né dai divorzi, ma dal cammino spirituale interiore, profondo che ognuno è chiamato a percorrere e che si esprime in motivazioni serie e meditate. In poche parole, la questione di fondo non è scegliere il matrimonio invece della convivenza, ma perché decido di sposarmi. L’unica motivazione valida dovrebbe essere quella che fece sorgere la Santa Famiglia, cioè la volontà di collaborare con Dio (perciò all’inizio parlavo di rapporto tra Grazia di Dio e impegno dell’uomo). Tutto ciò non può non esprimersi che nello strettissimo rapporto “sacramento-ministero”: la coppia decide di svolgere un ministero ben preciso nella parrocchia o nella diocesi o nella società, ma non come individui isolati (i famosi “single sposati”), bensì come coniugi davvero cristiani.