Anche in questa domenica vi dono il commento di don Fabio. Le letture ci offrono molti spunti di riflessione per la verifica della nostra vita. Per esempio, la Prima Lettura ci invita a riflettere sull’importanza del pudore; la Seconda Lettura sul primato dell’invisibile e sul valore della sofferenza; nel Vangelo al centro c’è la lotta contro il demonio.
X domenica del Tempo Ordinario
Mc 3,20-35
«Nel brano di questa domenica i problemi per Gesù – fra chi gli dice che è fuori di testa e chi gli dice che è in combutta con Satana – vengono da congiunti o da responsabili della sua religione. Non da estranei.
Fra le due critiche c’è concordanza su un punto: quel che Gesù fa non è convincente e/o ha una radice dubbia, o è pazzo o è indemoniato.
Però… sta facendo qualcosa di bello.
I parenti dicono che ha perso la testa perché non ha il tempo di mangiare, tanta è la gente che lo circonda. Ossia: non si fa i fatti suoi. E non lo fa per amore, ma perché è pazzo.
Gli scribi dicono che scaccia i demoni, ma come un trucco malefico, come una strategia maligna. Vince il male per fare il male. E Gesù con questi ultimi non è tenero per niente, e parla dell’incompatibilità fra Dio e il male.
Questa è una tentazione perenne, un tipo di atteggiamento che portiamo in tasca, senza nemmeno accorgercene: il dubbio sul bene che ci viene da Dio, l’incredulità che ci dà il diritto di vedere un pezzo di male nelle cose buone, di non arrenderci mai del tutto al bene, e restare scettici, sempre, comunque, a priori.
Questo additivo nascosto esplode in certi momenti nel vero e proprio rifiuto sprezzante del bene.
Con questi atteggiamenti noi conviviamo, e il testo attacca questa nostra grave superficialità, perché mostra che è come convivere con un cancro strisciante che può portarci alla distruzione; questo non è un gattino che fa le fusa, questa è una tigre vorace. Che porta alla perdizione.
Senza dubbio la frase di Gesù sul peccato imperdonabile ha il compito di darci una scossa. É il suo amore che ispira questo tono così duro.
Lui, che per noi non mangia, Lui, che per noi si dà in cibo, può trovarsi di fronte a uno dei più profondi misteri umani, lì dove Dio si ferma e deve aspettare: la nostra libertà.
Al di là di mille interpretazioni che sono state date sul peccato contro lo Spirito Santo, di certo sappiamo che ci si salva per grazia, e che la grazia è amore e l’amore non forza nessuno, lo si può rifiutare, sennò non sarebbe amore ma costrizione.
Dio ci ha dato una dignità tale per cui possiamo stare di fronte a Lui come interlocutori reali, e gli possiamo dire di “No”. Altrimenti anche i nostri “Sì” non avrebbero sostanza.
Se si rifiuta coscientemente la grazia con piena avvertenza e deliberato consenso, non è possibile salvarsi.
Allora questo Vangelo serve a impaurirsi? No. Serve a coltivare l’altro atteggiamento, quello che Gesù cerca di risvegliare con il suo discorso: Dio è luce e in lui non c’è tenebra. Dio è amore, e ci si può fidare di Lui.
Pensare bene di Dio è una benedetta profilassi dall’autodistruzione e dal potere del maligno su di noi. Coltivare la memoria di quanto bene ci vuole, di quanto bene ci ha fatto.
Altro che pazzo o indemoniato: Gesù Cristo è il Signore e in lui c’è stato per noi un “Sì” convinto del Padre, e lo Spirito Santo mette quel suo “Sì” ne nostro cuore.
Spalanchiamo il cuore alla sua tenerezza. Come fece Maria con un “Sì”» (FABIO ROSINI, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 124-126).