In questa domenica il Vangelo tratta un argomento molto delicato. So bene che c’è tanta confusione sul tema del divorzio. Per ora vi spedisco le riflessioni di don Fabio Rosini, ma spero di donarvi alcuni approfondimenti nei prossimi giorni.
«Il Vangelo di questa domenica parla di indissolubilità del matrimonio. È roba proponibile oggi? A ben vedere nessuna pagina del Vangelo è “proponibile”, né oggi né mai. Se ascoltiamo le parole di Gesù con semplice senso della realtà, non sono a misura di uomo, eppure sentiamo che dicono la verità. Infatti è lo Spirito Santo che ha dato ai discepoli di compierle, non la loro semplice umanità.
Se mettiamo il Vangelo addosso alla carne umana senza la potenza della redenzione di Cristo, diventa moralismo ipocrita o utopia fallimentare.
Vogliamo parlare di amore al nemico? Del fatto che è impossibile servire Dio senza disobbedire al denaro? Dell’essere perseguitati a causa del Vangelo? Del rinnegare sé stessi? Dell’accoglienza della croce? Niente di tutto questo si può fare senza la vita nuova ricevuta da Cristo.
Allo stesso livello sta l’indissolubilità sponsale.
Eppure quel che dice Gesù ha radici poderose nella realtà.
Infatti: perché il matrimonio sarebbe inscindibile? Semplice: perché ogni relazione autentica è indissolubile, e ancor di più lo è l’amore vero… Se odi tuo padre e scappi in Australia per non vederlo, lui resta tuo padre lo stesso. Se tuo fratello cambia il cognome, è tuo fratello lo stesso, perché lo è, comunque si chiami.
Un amico autentico resterà tale qualunque cosa succeda, altrimenti non è mai stato un amico.
I rapporti umani veri sono definitivi, altrimenti sono solo calcolo, commercio: sarò tuo amico, padre, sposo o fratello finché mi tornano i conti. Quando non te lo meriterai più, vattene per i fatti tuoi.
C’è da chiedersi se le persone arrivino al sacramento del matrimonio con le dotazioni essenziali, che sono fondamentalmente due: che siano state redente e introdotte alla vita nuova che sola può garantire l’amore senza limiti, e che abbiano constatato l’esistenza di questo tipo di relazione fra di loro. Prima del rito vero e proprio si fanno tre domande per appurare questo.
Ma i matrimoni falliscono troppo spesso. Ed è inevitabile perché molti sposi sono come persone che vanno a scalare l’Everest con le scarpe da ginnastica. Dieci incontri di corso prematrimoniale combinati con una mezza specie di religiosità fra il sentimentale, il tradizionale e lo scenico da “chiesetta carina” non sono l’attrezzatura sufficiente per scalare la montagna dell’amore incondizionato che sgorga dalla misericordia illimitata di Cristo, e che il matrimonio celebra sacramentalmente.
La responsabilità del fallimento dei matrimoni sacramentali è principalmente di noi preti, che ammettiamo alle nozze persone estranee alle condizioni minime perché la cosa funzioni.
Allora che fare?
Il fatto è che abbiamo tutti bisogno – per essere sposi, preti, padri, amici o altro – di essere il bambino della seconda parte del brano, quello che Gesù abbraccia e benedice, e di entrare da bimbi, da uomini nuovi, nel Regno dei Cieli. Ossia: abbiamo bisogno di lasciarci amare incondizionatamente, perché Dio metta la sua eternità in noi, il suo amore indissolubile nel nostro cuore» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 179-181).
Per ora mi limito a segnalarvi due documenti preziosi: la “Familiaris consortio” di san Giovanni Paolo II e la “Sacramentum caritatis” di papa Benedetto XVI. Ho il piccolo dubbio che non tutte le parrocchie e non tutti i movimenti curano la loro formazione basandosi su questi testi.
Al divorzio dedico molte pagine nel mio Manuale. Per ora mi limito a raccomandarvi il cap. II, § 5.1. pp. 100-102.