Stasera vi propongo il commento di don Fabio al Vangelo di ieri (Mc 12,28-34).
«Cosa c’è di importante da fare nella vita? Cosa è “imprescindibile”?
Questa è la domanda dello scriba a Gesù: “Qual e il primo di tutti i comandamenti?”.
Va ricordato che in quella parola “primo” c’è più del valore numerale, l’espressione sottende un senso di “fondamento”. Come un piolo a cui appendere tutto il resto.
Gesù dichiara il suo punto di partenza, il suo “imprescindibile” – e dà la risposta tradizionale ebraica, che ogni pio ebreo ripete varie volte al giorno per ritualità comune. Ma questo per lo scriba, era un ragionamento, un’informazione, un dato mnemonico. Una cosa da sapere. Una teoria da scribi che si titillano con domandine per mettere alla prova qualcuno.
In Gesù invece questo è carne, come dirà la fine di questo stesso testo: non sei lontano dal Regno di Dio, guarda che non è un’idea, il Regno di Dio ti sta parlando, ti sta guardando. Ti sta chiamando.
Si può entrare in esso. Si può uscire dalla teoria, si può smettere di vivere di astrazioni. Il Regno di Dio è vicino.
È interessante che quando Gesù dirà questa cosa tutti smettono di interrogarlo. Ha fatto un salto a un livello che loro, teoreti della religione, non sanno affrontare. È entrato nella realtà.
Altro è incontrare un uomo che sappia dire cose interessanti, altro è incontrare un uomo interessante.
Altro è ascoltare qualcuno che sappia dire con precisione che Dio è unico e che la mente, il cuore e le forze lo devono ossequiare, e altro è incontrare un uomo che ragioni secondo l’amore, che interiorizzi secondo l’amore e che trasudi amore nei suoi gesti. E che abbia l’intelligenza illuminata dalla fede, i sentimenti istruiti dall’amore autentico e delle opere che obbediscono all’amore e a niente altro.
Questo uomo sarà uno che ha fatto i conti con la parola più ripetuta di quel “primo” comando: tutto. “Tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente e tutta la forza”.
Che stile di vita avrà costui? Non potrà avere che la forma dell’amore fraterno.
Saprà perdonare, perché l’altro è come sé, è un pezzo del suo “tutto” – e come non riaccoglierlo? Saprà portare una corona di spine, perché imparerà che per amare il prossimo bisogna consegnarsi a Dio circoncidendo la propria mentalità; saprà rinunciare alle opere malvagie e farsi crocifiggere per non rispondere al male di chi lo circonda. Avrà un cuore squarciato per donare tutto ciò che contiene, perché ama senza riserve.
Altrimenti cosa? Amare, ma non del tutto. Non tutta la testa, ho le mie cose a cui pensare. Non tutto il cuore, perché ho altre cosette nel cuore a cui tengo. Non tutte le opere, perché dovrò anche avere i miei vantaggi, diamine. Si chiama mediocrità.
Una dichiarazione tipo: “Cara, ti amo con parte dei miei pensieri e parte del mio cuore”; cioè: “Ti amo, cara, ma non ti allargare”.
Pensa che divertimento.
Gesù Cristo ce ne fa un’altra di dichiarazione: “Mettiti di fronte a un crocefisso e fatti dire cosa è imprescindibile per Lui. E fino a che punto ti ami. Si dice con quella parolina: tutto”» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 196-198).
È molto importante l’insistenza sulla parola “tutto”.
Ritengo preziosa l’analogia tra il rapporto col Signore e la vita coniugale. Qualche volta penso che molti giovani, proiettati verso il matrimonio, farebbero bene a cambiare strada… finché sono in tempo, a meno che non capovolgano del tutto il loro modo di pensare, di amare e di vivere.