Il pensiero di oggi è estremamente semplice, ma anche molto significativo e commovente. È un augurio di “buone vacanze” rivolto ai parrocchiani otto anni fa da padre Jaques Hamel, un sacerdote francese di 85 anni, che collaborava col parroco, in una cittadina del nord della Francia, in Normandia, Saint-Etienne-du-Rouvray.
«L’augurio è che possiamo sentire l’invito di Dio a prenderci cura di questo mondo, a farne, là dove viviamo, un mondo più caloroso, più umano, più fraterno. Un tempo di incontro, con familiari e amici. Un momento per prendersi il tempo di vivere qualcosa insieme. Un momento per essere attenti agli altri, chiunque essi siano. Un tempo di condivisione. Condivisione della nostra amicizia, della nostra gioia. Condivisione del nostro aiuto ai figli, mostrando che per noi contano. Anche un tempo di preghiera. Attenti a ciò che avverrà nel nostro mondo in quel momento. Preghiamo per coloro che ne hanno più bisogno, per la pace, per un migliore vivere insieme. Cerchiamo di avere un cuore attento alle cose belle, a ciascuno e a tutti coloro che rischiano di sentirsi un po’ più soli. Che le vacanze ci consentano di fare il pieno di gioia, di amicizia e di rigenerazione. Allora potremo, meglio provvisti, riprendere la strada insieme».
Tale messaggio viene considerato il testamento spirituale del sacerdote. Poche settimane dopo, il 26 luglio 2016, egli fu ucciso da due giovani estremisti islamici. Per padre Hamel è stata aperta la causa di beatificazione. Il Papa ha parlato di lui in un’omelia due mesi dopo.
«Padre Jacques Hamel è stato sgozzato sulla Croce, proprio mentre celebrava il sacrificio della Croce di Cristo. Uomo buono, mite, di fratellanza, che sempre cercava di fare la pace, è stato assassinato come se fosse un criminale. Questo è il filo satanico della persecuzione. Ma c’è una cosa, in quest’uomo che ha accettato il suo martirio lì, con il martirio di Cristo, all’altare, c’è una cosa che mi fa pensare tanto: in mezzo al momento difficile che viveva, in mezzo anche a questa tragedia che lui vedeva venire, un uomo mite, un uomo buono, un uomo che faceva fratellanza, non ha perso la lucidità di accusare e dire chiaramente il nome dell’assassino, e ha detto chiaramente: “Vattene, Satana!”. Ha dato la vita per noi, ha dato la vita per non rinnegare Gesù. Ha dato la vita nello stesso sacrificio di Gesù sull’altare e da lì ha accusato l’autore della persecuzione: “Vattene, Satana!”.
E questo esempio di coraggio, ma anche il martirio della propria vita, di svuotare se stesso per aiutare gli altri, di fare fratellanza tra gli uomini, aiuti tutti noi ad andare avanti senza paura. Che lui dal Cielo – perché dobbiamo pregarlo, è un martire!, e i martiri sono beati, dobbiamo pregarlo – ci dia la mitezza, la fratellanza, la pace, e anche il coraggio di dire la verità: uccidere in nome di Dio è satanico» (FRANCESCO, Omelia 14-9-2016).
Penso che il martirio sia la suprema testimonianza del primato di Dio. Domani conto di tornare su questo tema.