Stasera voglio tornare al tema trattato martedì scorso (prendendo spunto dal libro di Giobbe, come vivere la sofferenza nei suoi vari aspetti: debolezza, fragilità, buio, incomprensione, ingratitudine, delusione, aridità…)
Io sono certo che dinanzi alla sofferenza non c’è la libertà, nel senso che normalmente non mi è possibile evitarla, ma invece resto libero perché posso utilizzare la sofferenza vivendola col Signore, nel Signore e per il Signore, oppure posso sprecarla ribellandomi a Lui, invidiando gli altri, scoraggiandomi, sfidando addirittura Dio.
Penso che il tutto si possa riassumere in ciò che Gesù afferma in Mt 7, 24-27. Un altro passo che tengo sempre presente è Rm 8,28. Ritengo molto utili anche le seguenti considerazioni.
«San Carlo Borromeo racconta di aver sperimentato la frustrazione, il sentimento di inutilità, di disgusto; e un giorno, al cugino Federigo che gli domandava come si comportasse durante quei momenti, mostrò il libriccino dei Salmi, che portava sempre in tasca. Egli ricorreva ai canti di lamentazione per dare voce alla sua sofferenza e, nello stesso tempo, per riprendere fiato e fede di fronte al mistero del Dio vivente. Preghiamo perché il Signore ci doni di saper accedere anche noi alla fonte purificatrice e balsamica della lamentazione biblica» (MARTINI CARLO M., Avete perseverato con me nelle mie prove, Piemme Casale Monferrato 1990).