Sto ancora riflettendo sul termine “leggerezza” di cui parlavo ieri, in particolare alla luce di un passo di san Paolo che amo moltissimo e vi raccomando caldamente (1 Cor 7,29-31). Per questo motivo anche stasera vi presento una preghiera introdotta da Riccardo Maccioni. Ecco questa introduzione.
«Al di là delle inquietudini e dei problemi più o meno grandi che possiamo incontrare, chi ha fede crede che ad attenderlo ci sia un futuro di luce. Questo non significa prendere sottogamba le difficoltà ma viverle senza farsene schiacciare, con la leggerezza e la sapienza di chi è “nel” mondo senza essere “del” mondo. Belle parole si dirà, che però non tengono conto delle urgenze quotidiane, che sembrano dimenticare quanto dolore possa serbare in sé la nostra esistenza, specie quand’è appesantita dal dolore di un tradimento, dalla sofferenza di una malattia, dall’angoscia per la scomparsa di una persona cara. Non si tratta naturalmente di un invito all’indifferenza, il Signore ci insegna anzi ad affrontare i problemi senza trascurarne nessuno, facendolo però nel modo giusto, cominciando dal confidare nella forza della preghiera. Come testimonia Joseph Folliet (1903-1972) sacerdote, giornalista ed educatore francese che ci aiuta a riflettere su cosa troveremo al termine del nostro cammino» (RICCARDO MACCIONI, Lunedì dello spirito. Quella luce che ci aspetta tutti, in Avvenire, 2-12-2024).
Ecco ora la preghiera.
«Io credo, Signore, che al termine del cammino non c’è ancora da camminare ma la fine del pellegrinaggio.
Credo, Signore, che alla fine della notte non c’è più notte ma l’aurora.
Credo, Signore, che alla fine dell’inverno non c’è più inverno ma la primavera.
Credo, Signore, che dopo la disperazione non c’è ancora disperazione ma la speranza.
Credo, Signore, che al termine dell’attesa non c’è ancora attesa ma l’incontro.
Credo, Signore, che dopo la morte non c’è ancora morte ma la vita».
Auguro a ognuno di meditare ognuna di queste parole. Magari possiamo soffermarci su quella che ci pare più importante. A me piace molto la parola, la realtà dell’ “incontro”. In tal senso, forse la morte non ci incute più alcuna paura. Se incontriamo Gesù qui, se Lo ascoltiamo, Lo amiamo, ci lasciamo trasformare da Lui e lo incontriamo e amiamo nei nostri fratelli, anche l’altra vita sarà semplicemente incontro con Lui e con i fratelli (certamente con luce e gioia infinite ed eterne).