Anche stasera vi spedisco il commento di Fabio Rosini al brano del Vangelo di questa domenica.
«XIII domenica del Tempo Ordinario
Mt 10,37-42
“Chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 10,39).
Qualcosa non quadra: perdere la vita, ma trovarla …quante vite esistono?
Due. Una è la “propria” e si riceve secondo la natura, l’altra è secondo la Grazia, e si riceve da Cristo.
Esiste la vita mutuata dai genitori, e poi quella per cui optò Francesco d’Assisi quando restituì gli abiti al padre, Pietro, e gli disse: “Finora ho chiamato te “mio padre” sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: “Padre nostro che sei nei cieli” perché ho riposto in Lui il mio tesoro, tutta la mia fiducia e la mia speranza” (FF 1043).
Gesù dice nel Vangelo secondo Giovanni: “Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito” (Gv 3,5-6).
Niente di più cristiano di questo discorso, ma noi abbiamo l’indomabile tendenza alla manipolazione, alla mediazione subdola più o meno consapevole e, visto che della vita naturale abbiamo certezza, mentre la vita che nasce dall’alto, quella secondo il regno di Dio, richiede la fede in Dio e la libertà da ogni proprio progetto, allora tentiamo di fare i nostri compromessi. Il risultato è che teniamo le nostre grinfie ben strette sulla vita biologica e con quella proviamo a seguire Gesù. Ma questo non si può fare, ed è così che il cristianesimo diviene un moralismo, perché chiediamo alla nostra natura di fare le cose che si fanno solo per Grazia.
E così abbiamo fatto del cristianesimo un’oppressione e un volontarismo. E scimmiottiamo l’Amore che viene dallo Spirito Santo con il buonismo, o surroghiamo la Speranza, che è una virtù teologale, con l’istinto di sopravvivenza che, quello sì, è l’ultimo a morire. La Fede, conseguentemente, diventa “capire” qualcosa, e si insegna come fosse una nozione, e al catechismo dei bambini è invalsa una metodica scolastica, mentre la fede si riceve facendone esperienza e vedendola all’opera.
Per ricevere la vita nuova bisogna lasciare la vecchia, e c’è uno strumento che ne offre l’occasione: la croce. Quando la croce tocca la nostra vita, la nostra reazione naturale è difenderci dal dolore che porta con sé, ma è quella l’occasione per “consegnarsi” al Padre abbandonandosi a Lui. Ed entrare nella Sua vita.
Ma “chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà” (Mt 10,39), perché questa vita naturale a cui siamo così attaccati in ogni caso la perderemo. Perché moriremo, e da questa vita usciremo; bisogna pensarci perché potremo perderla e basta, oppure averla già lasciata, cosicché il giorno della nostra uscita da questo mondo sia semplicemente la fine della fase in cui vivere qui la vita nuova, ed entrare nel Cielo. San Paolo diceva: “Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato” (Gal 2,20).
Vivere la vita ricevuta dai propri genitori o quella che si riceve dal Padre che è nei cieli? La storia dà occasioni per scegliere. Dio non impone Grazia, ma la offre e basta. Conviene accettare servendosi della croce, quando arriva» (Rosini Fabio, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico A, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 155-157).
Sono riflessioni preziose, molto dense. Vi segnalo alcune espressioni piuttosto particolari: buonismo, volontarismo, moralismo. Don Fabio mette in guardia da un certo modo di intendere il catechismo, che lo rende del tutto sterile. È un’occasione preziosa per avere le idee chiare sulla dimensione biologica della vita. La croce viene presentata nella sua dimensione positiva: magari riflettiamo sulla festa del 14 settembre. Credo che sia di importanza decisiva meditare sulla citazione della Lettera ai Galati.
Alla scuola di san Francesco devo chiedermi se ho capito veramente chi è mio Padre. Una domanda per le signore: mio marito aiuta i nostri figli a capire il vero Padre? I nostri figli imparano dal nostro esempio a cogliere il primato di Dio Padre e Creatore? Un padre terreno, che non fa questo, ha fallito clamorosamente tutta la propria esistenza.
Chi è fidanzato si rende conto che tutto il tempo del fidanzamento dev’essere inteso come un tempo di crescita basato su questo brano del Vangelo e sulle riflessioni donateci da don Fabio? I numerosissimi fallimenti di vita coniugale affondano le loro radici in fidanzamenti letteralmente consumati in modo edonistico e superficiale. Poi magari le signore scaricano le responsabilità sui mariti. Solo in base al Vangelo di oggi posso capire qualcosa dell’Humanae vitae.