Abbiamo l’occasione preziosa per riflettere sul dono più grande che abbiamo ricevuto dal Signore: Lui stesso, il suo corpo e il suo sangue. Don Fabio ci aiuta a meditare.
Corpo e Sangue del Signore
Mc 14,12-16.22-26
«Celebriamo il dono del corpo e del sangue di Nostro Signore. Nella liturgia parliamo della “nuova ed eterna alleanza”. Le vecchie erano quelle dell’Antico Testamento, e la storia mostra che il popolo non le rispettava. Questa è la ragione per cui abbiamo bisogno di una nuova alleanza, dove c’è chi è radicalmente leale a ciò che gli viene chiesto, e si fida del Padre; qualcuno che dica: “Non la mia volontà ma la tua”.
L’Antico Testamento – e la nostra esperienza – mostrano che, con tutta la buona volontà, non siamo in grado di tenere una posizione del genere, abbiamo bisogno che Cristo prenda la nostra carne ed entri nella vera alleanza con il Padre. Quando Gesù assunse la nostra carne, introdusse l’elemento dell’eternità nella parte umana dell’alleanza.
Il Signore Gesù nel suo corpo vive questa comunione tra Dio e l’umanità. Questo rende possibile la comunione con Dio, che è il significato della festa che celebriamo. Il suo corpo e il nostro si immergono l’uno nell’altro. Roba da vertigini.
Non si tratta solo di capire quel che Dio ci dice, o addirittura rispettarlo, ma qui si apre la possibilità di essere parte di Lui e averlo come parte di noi.
Come si entra in questo? Come si coglie questa dimensione così sublime? Il Vangelo porta in sé il sentiero di questa immensa grazia. I discepoli chiedono dove preparare la Pasqua per Gesù. Ricevere nostro Signore non è un evento magico, implica preparazione, pedagogia. La nostra accoglienza e la nostra partecipazione sono infatti della massima importanza: senza un’adesione libera e autentica, niente ci tocca veramente.
Allora vediamo la strategia per avvicinarci: i discepoli, andando verso la città, debbono vedersi venire incontro un uomo con una brocca d’acqua e lo debbono seguire. I Padri della Chiesa vedono in questo incontro un simbolo del Battesimo. Dobbiamo seguire le acque battesimali che proclamano quel che veramente siamo – ossia che siamo figli di Dio – per arrivare al sostentamento di cui abbiamo bisogno per vivere secondo quella dignità, all’Eucarestia.
Allora i discepoli saranno portati alla casa che ha una stanza adatta al piano alto. La casa della nuova alleanza non si estende orizzontalmente, ma ha di più. Qui si sale al livello superiore, guidati dall’acqua del nostro Battesimo.
La nostra dignità di Figli porta al cenacolo. Siamo davvero nobili, belli e importanti, e predisposti per doni superiori. Ma c’è da accogliere tutto ciò, e c’è da salire a questo piano sopraelevato, al luogo dell’unione con Dio che è l’Eucaristia, segno del Cielo. Siamo chiamati a essere una cosa sola con il corpo di Cristo, con la sua forma di vivere l’esistenza umana, e questa esperienza di intimità è il livello più autentico del nostro essere. Altro è vivere ogni giornata secondo una logica orizzontale, pedestre, terrena, altro è vivere l’esistenza come corpo di Cristo. Questo richiede di pensare in modo verticale, secondo Dio Al piano superiore si diventa uno con Cristo. L’alternativa è una vita banale» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, pp. 117-118).
Don Fabio ci dà vari spunti preziosi. Usa il verbo “toccare”. In che misura il mio cuore e la mia vita sono toccati dall’Eucaristia? Siamo chiamati a scegliere tra una logica orizzontale (una vita banale) e un modo verticale. So che significa? Cosa decido?