Ho trascorso tutta la giornata sui passi di s. Teresa: la basilica (bellissima e grandissima) a lei dedicata (dove sono sepolti i suoi santi genitori), la stupenda e antichissima cattedrale, di circa otto secoli fa, in bellissimo stile gotico (che poi è la parrocchia da lei frequentata da quando aveva poco più di quattro anni fino al suo ingresso in monastero all’età di 15 anni; lì abbiamo visto anche il confessionale dove lei celebrava il sacramento della Penitenza),
Mi ha colpito molto visitare la casa di famiglia presso i Buissonnets, sempre a Lisieux, e infine siamo stati nel Carmelo, dove s. Teresa ha vissuto dal 1888 fino alla morte nel 1897 e dove è sepolta.
Ho avuto la netta sensazione della Grazia che si riceve quando si vive la vicinanza con persone di tale livello spirituale. Non ho potuto non meditare sul fatto che la differenza tra noi e i santi non sta nel fatto che Dio ama loro più di noi, ma che noi (parlo almeno per me) spesso siamo incoerenti, incostanti, con poca fiducia, poca semplicità e poca fedeltà. Non potevo non riflettere anche sulla grande sofferenza vissuta dalla famiglia Martin e sulla santità dei genitori di Teresa (canonizzati nel 2015).
Stasera vi spedisco anche il commento di don Fabio al vangelo della s. Messa di oggi.
Di questo commento mi pare di capire la sottolineatura della misericordia di Dio. Conta che siamo consapevoli che senza tale misericordia davvero non possiamo far nulla. L’unica soluzione vera dei rapporti “orizzontali” (col prossimo) sta nel vivere in modo luminoso, umile e serio il rapporto verticale (quello con Dio).
« Mt 18,21-35
La parabola del Vangelo di questa domenica è innescata dalla domanda di Pietro “Se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”.
Gesù risponde: “Non ti dico fino a sette volte ma fino a settanta volte sette”, ossia sempre. E arriva la nostra parabola che ci deve aiutare a capire come perdonare in tal modo.
Nella parabola c’è un servo appena sollevato dal re da un debito esorbitante, che prende per il collo un collega che gli diede una piccola somma. Costui sembra così cattivo da essere caricaturale.
La domanda è: come è possibile che un uomo a cui è stato condonato tanto sia così feroce con chi gli deve tanto di meno?
Cerchiamo di capire da dove nasce il suo atteggiamento: al re della parabola quest’uomo deve diecimila talenti. Un debito mostruoso se si pensa che un talento, al tempo di Gesù, valeva una trentina di chili d’oro! Più di 500 milioni di euro in valuta odierna … una mostruosità.
Ci sarebbe da capire come si sia creata tale situazione, ma va notata la risposta del debitore: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Questo è più assurdo del debito: l’idea di poterlo pagare. Il servo non dice “restituirò quel che posso” ma «restituirò ogni cosa», questo è impossibile, il debito è troppo grande… ma ciò che è più grottesco è l’inizio della frase: “Abbi pazienza con me e restituirò”. Allora, per il servo, il problema non è la cifra ma la pazienza del re: se concederà una dilazione la cosa si risolverà, c’è solo da aspettare e i soldi arriveranno, per intero.
Costui pensa di aver solo bisogno di tempo, non si sente veramente in debito.
La prassi di aiutare i debitori cronici insegna che proprio questa è la loro mentalità: non hanno debiti veri, serve solo un po’ di pazienza, questo è solo un momento difficile, passerà, un po’ di calma e tutto si risolve. Quando i debitori ragionano cosi sono irrecuperabili, hanno sviluppato un atteggiamento irrisolvibile da vittime – la responsabilità è sempre di qualcun altro e il problema è negato.
Ma queste persone non ci sono estranee. Questi debitori cronici siamo noi.
È radicata nell’uomo l’idea di poter pagare i propri debiti, di poter smettere di peccare e che, per farlo, basti solo un po’ di impegno…
Se decido di smettere di fare questo peccato, vedrai che smetto. Falso.
Il debitore della parabola non si intende tale e quindi scinde il proprio debito dal debito altrui: l’altro, se vuole, può pagare, e quindi paghi! Anche io, volendo, potrei pagare…
Se penso di poter smettere di peccare quando voglio, allora, curiosamente, pretendo che l’altro smetta subito.
Ma in genere interrompere i propri atteggiamenti sbagliati è difficilissimo: la buona volontà, per le cose più serie della nostra vita interiore, non basta.
C’è un’unica soluzione per questi conti che non tornano e non torneranno mai: vivere di misericordia. Non ci possiamo permettere di tenere i conti in sospeso con nessuno. “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”» (Rosini Fabio, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico A, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 191-193).