Apparentemente il commento – che stasera vi spedisco – di Rosini al Vangelo di questa domenica è caratterizzato da alcuni termini (soprattutto inglesi) a cui forse non tutti siamo abituati (almeno i non giovanissimi, come me): happy hour, default, cookies, pavloviano, iperbole. Devo ammettere che io ho una forte allergia verso l’uso delle parole straniere (non capisco proprio perché, anche come insegna per il lavoro di odontotecnico, spesso si usano parole inglesi, ma è solo un esempio).
Fatta questa premessa, penso che la riflessione di don Fabio sia comunque facilmente comprensibile. Forse è meno facile da attuare.
In estrema sintesi, egli delinea un rapporto strettissimo tra preghiera e vita comunitaria. Tra l’altro, mi colpiscono i riferimenti al supermercato e al “guadagnare”.
Siccome i miei parrocchiani, tanto pazienti, avranno ascoltato un milione di volte le mie battute sui “cattolici saltellanti”, colgo l’occasione per ribadire che proprio questo è il mio pensiero: posso pregare anche tanto, ma se non vivo con costanza un forte rapporto con una specifica comunità parrocchiale, ecco sarò un cattolico ottimo, ma appunto “saltellante”. Ovviamente se una persona sa con certezza (beata lei!) che la volontà di Dio è appunto il “saltello” costante, ho il massimo rispetto per i disegni del Signore!
« Mt 19,15-20
“Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà”. La nostra attenzione va naturalmente alle parole “qualunque cosa” e siamo intrigati dall’onnipotenza dell’ipotesi: potremmo chiedere veramente “qualunque cosa”? Anche la fine di tutte le guerre? Se le parole hanno un senso, “qualunque cosa” vuol dire che non c’è limite alla potenza della preghiera.
Noi restiamo perplessi, un po’ perché ci sembra troppo, e forse ancora di più perché ci sembra che i fatti dimostrino il contrario: ogni domenica, nelle preghiere dei fedeli, si chiedono cose enormi e con quale risultato?
Ma il centro della frase di Gesù non è sulla potenza della richiesta, ma sulla condizione preliminare: “Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo”. La forza della preghiera non viene dai suoi argomenti ma dalla sua origine. Che è la comunione tra fratelli, l’unione dei cuori, l’unità di intenti. È qui la vera iperbole.
Fa un po’ senso guardare un’assemblea che subisce la lettura di preghiere dei fedeli prefabbricate, dove la frantumazione della sintassi nella lettura rivela che chi legge non sa cosa sta dicendo, mentre l’assemblea è in stato pavloviano liturgico e risponde “Ascoltaci, o Signore” di default, come l’ok dato ai cookies per leggere le notizie di un sito, anzi meno. L’abbiamo chiesta la fine di tutte le guerre? Sì? Davvero? Si vede che la preghiera è inutile.
Perché stavi pregando, per caso? Forse hai pure chiesto qualcosa, ma andrebbe verificato se sei in comunione con i fratelli…
La cosa che più ci manca nella Chiesa e che squalifica la preghiera, la predicazione e la nostra presenza nel mondo, è la comunione fra noi. Quando appare quella, appare Dio. “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”.
Non “insieme nello stesso luogo” ma “riuniti nel mio nome”.
Ci sono quelli assembrati per un happy hour, per un incontro di lavoro, o addirittura per una riunione di condominio… si può parlare di coincidenza topografica, non di comunione. Certe volte si sta in Chiesa come nel supermercato, ognuno fruisce di quel che gli serve, talvolta solo la tranquillità di coscienza – perché si sente in colpa se non va a messa, con la “m” minuscola.
Ma quel che interessa a Cristo è la comunione fra noi.
Poi ci dà quel che vogliamo, perché se siamo in comunione vogliamo cose belle.
Per questo nella prima parte del Vangelo si parla dello stile delle relazioni con ogni fratello, soprattutto se si tratta di chi è in errore: “Se ti ascolterà, avrai guadagnato tuo fratello”. Lo si cerca o si chiede aiuto o se ne parla a tutti per guadagnarlo.
C’è chi guadagna soldi o fama o altro. E chi guadagna fratelli. Per questo motivo fa tutto.
Una postilla: se il fratello non ti ascolta “sia per te come il pagano e il pubblicano” ̶ nel Vangelo “il pagano e pubblicano” sono quelli da amare anche quando non ascoltano, quelli per cui si dà la vita perché è l’unico modo per toccare il loro cuore. Come Cristo ha fatto con noi» (Fabio Rosini, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico A, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 188-190).