02-09-2023

Stasera come faccio spesso, vi spedisco il commento di don Fabio al Vangelo di questa domenica (Mt 16,21-27). Mi sta a cuore ribadire ciò che ho detto ieri sera. Qualsiasi commento (di un papa, di Rosini, di Comastri…) non deve mai sostituirsi alla personale meditazione della Parola di Dio. Gli antichi paragonavano la meditazione della Parola al lungo e complesso processo digestivo dei ruminanti. Non è bello se qualcuno mastica il cibo al posto mio e poi me lo mette pure in bocca. La Parola dev’essere gustata, masticata, assimilata da me personalmente. Solo così un po’ alla volta potrà entrare nella mia mente, nel mio cuore e nella mia vita.

Nel commento di stasera mi colpisce il fatto che Pietro ragiona molto umanamente e quindi, volendo bene a Gesù, gli augura di non soffrire. Chiunque ama, desidera che l’amato non soffra, ma Gesù lo rimprovera con grande decisione. Auguro a ciascuno di capire bene dov’è l’errore di Pietro e così un po’ alla volta facciamo una verifica sul nostro modo di pensare e di amare. Alcuni affermano che chi è veramente uomo perciò stesso è anche cristiano (la famigerata teoria dei “cristiani anonimi”, molto in voga nella mia lontana giovinezza). Io penso esattamente il contrario: che solo chi è davvero cristiano raggiunge la pienezza della dimensione umana.

 

«Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo» (Gaudium et spes, 41).

 

Da decenni si pensa che il massimo a cui bisogna mirare è la realizzazione personale. Forse proprio questo Pietro desiderava per sé e per Gesù. Forse in nome di una certa realizzazione si sono affermate le famose “conquiste” del divorzio, della contraccezione e dell’aborto.

Oggi il nuovo c.t. della nostra Nazionale di calcio ha pronunciato una frase molto bella: “ogni uomo deve cercare la felicità”. Ma poi ha aggiunto un pensiero ancora più bello: “è importante cercare la felicità di chi ci sta vicino”. Appunto. Pietro voleva la felicità anzitutto per sé, poi per Gesù e anche per gli apostoli. In nome di questo progetto molto umano poi arrivò a rinnegare Gesù che attuava un disegno leggermente diverso. Auguro a me e a voi di confrontarci con questo brano (di Rosini, ma soprattutto del Vangelo) con la massima serietà. Non mi stancherò mai di ripetere che chi è sposo cristiano e non “in apparenza” dovrebbe effettuare questa verifica anche con lo sposo e con i figli.

 

«XXII domenica del Tempo Ordinario

« “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”.

Quante vite esistono? In realtà due: quella che riceviamo dai nostri genitori e quella che Dio ci vuole dare, ma che richiede, per essere accolta, di soppiantare la prima.

Infatti, nel testo di questa domenica appaiono due modi di pensare: “Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. C’è un pensiero che resta sicuro nello steccato di quel che è umano, logico, conveniente, opportuno, vantaggioso e, va notato, proietta su Dio la sua matematica, perché Pietro, che contesta l’ipotesi del dolore predetta da Cristo, non lo fa in nome dell’umano ma del divino: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai”.

Ma il Signore Gesù rivela tutta la sua estraneità a questo pensiero proprio di fronte alla prospettiva della croce, perché Lui pensa “secondo Dio”, e in questa logica la croce diventa sentiero dell’opera del Padre.

Pensare secondo Dio implica sapere che tutto è nelle Sue mani, e che l’esistenza secondo gli uomini è mancare il bersaglio della grandezza.

La croce è lo strumento per seguire Cristo, a scapito di un sentimentalismo religioso oggi dominante, che ha fatto diventare la spiritualità cristiana una ricerca di benessere individuale, e che si frantuma spesso contro il dolore e la scomodità, incompatibili con la gradevolezza frequentemente cercata nella religione. Ma il giorno in cui mi fido del Padre in una croce, nell’assurdo, nel dolore, è quello in cui Gesù diventa il mio vero Signore. Perché se il Signore non è presente nel dolore, allora non è presente neanche nel piacere e da nessun’altra parte.

Il sistema di vita del pensiero di Pietro è un’esistenza da slalomisti, evitando problemi, scomodità, dolori, e pone le basi di una umanità di alienati, incapaci di misurarsi con gli spigoli del reale, che diventano padri latitanti, madri ansiose, sposi egocentrici, persone superficiali. Niente amore, solo comodità.

Questo pensiero può concepire un sacrificio solo in vista di un guadagno, di un’acquisizione. Pensare secondo gli uomini vuol dire assolutizzare l’umano e farlo divenire sottile e inconsistente.

Ma abbiamo bisogno di qualcosa che sia più grande di questa vita e consenta di andare oltre noi stessi. Abbiamo tutti bisogno di rinnegare noi stessi, perché è tutta la vita che cerchiamo qualcuno che ci ami veramente decentrandosi, amando senza calcolo, senza passare il conto, senza recriminare. E se abbiamo sperimentato di amare così, di innamorarci così, di essere padri o madri, o fratelli o amici o colleghi cosi, allora sappiamo cosa sia la libertà, cosa sia la vera vita.

Abbiamo bisogno di riscoprire che questa vita, che è dono di Dio, ci è consegnata proprio attraverso la croce.

Ma se la croce è vissuta solo per sé stessa, è solo distruzione e sofferenza. Quando invece è accolta come occasione di abbandono e fiducia, diviene il parto della nuova creatura, l’inizio della seconda vita, libera dal proprio ego ed esperta della potenza di Dio» (Fabio Rosini, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico A, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 185-187).