28-08-2023

Continuando a meditare sul Vangelo di ieri, stasera vi spedisco la riflessione di don Fabio Rosini. Come è suo solito, egli esprime pochi pensieri, ma profondi, intensi. Sembra talvolta soffermarsi su dettagli secondari, ma è molto importante la conclusione.

 

«XXI domenica del Tempo Ordinario

Mt 16,13-20

Il luogo della professione di fede di Pietro e l’odierna Banias che, allora come oggi, era il sito di tre santuari di epoche diverse per il culto degli dèi Cananei, dei Greci e dei Romani. In questo pantheon a cielo aperto, Gesù chiede ai discepoli di riconoscere la sua identità, perché la fede si professa di fronte alle idolatrie. Il Cristianesimo dei martiri si manifesterà cosi in ogni epoca nei luoghi più estranei e ostili.

Il nucleo del sito è una grotta dall’aspetto inquietante dove una sorgente di tipo carsico appariva e si inabissava: per ricomparire più a valle – da qualche anno la sorgente è ulteriormente sprofondata, ma era ancora operativa più di 20 anni fa. Sorvoliamo sui macabri particolari del culto cananeo, ma quella bocca di roccia in cui l’acqua veniva inghiottita era immagine degli inferi, del regno della morte, ed è per questo che Gesù ne parla.

Gesù imposta il dialogo come verifica della percezione della sua identità e questo diviene un test per i suoi discepoli, provocando la luminosa risposta di Simon Pietro. Il gioco che si crea è su chi sia chi, ossia sul nome di Gesù prima e sul nome di Simone poi.

Cosa c’è di mezzo? I nomi, nella Bibbia, riconducono alla paternità, e Simone, che è figlio di Giona, sa che Gesù è Figlio del Dio vivente. Per questa conoscenza Simone cambia definitivamente nome e diviene fondamento per la fede di tanti altri.

San Giovanni Paolo II diceva che divenire pietra vuol dire divenire luogo di passaggio perché gli altri arrivino a Cristo, secondo il vero significato di “pontefice”, ossia ponte. Ogni cristiano, sacerdote per il Battesimo, è chiamato

a essere roccia per la fede altrui, luogo di transizione per il Padre.

Ma questa conoscenza di Cristo, che può provenire esclusivamente per dono del Padre – “né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” – è anche e soprattutto un’opera di Dio in noi: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa”; Cristo la edificherà, la Chiesa è un’opera di Dio.

Ma questa Chiesa ha una prerogativa, che viene resa con: “Le potenze degli inferi non prevarranno su di essa”, ma che alla lettera recita: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” come la vecchia traduzione della CEI riportava. È una notazione pedante? A ben vedere si tratta di un completo rovesciamento di prospettive: mentre la nuova versione fa pensare che le potenze degli inferi attacchino la Chiesa ma non vincono, nel testo originale la battaglia si svolge alle porte degli inferi, a Banias, dove c’è quell’orribile bocca del nulla che sembra mangiare tutto e costringere alla paura e all’idolatria.

Quelle porte non resisteranno: la Chiesa strapperà gli uomini alla morte, tirerà le persone fuori dalle loro tenebre. Cosi infatti gli orientali rappresentano la resurrezione: Cristo che tira fuori Adamo ed Eva dalla bocca nera degli Inferi. Pietro conosce Cristo perché il Padre glielo rivela, e conoscere il Signore vuol dire conoscere la via per tirare fuori l’umanità dal buio» (Fabio Rosini, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico A, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 182-184).

 

Auguro a me e a voi di saper combattere contro il male, anzi contro il maligno, con le armi che la Bibbia e la Chiesa ci suggeriscono. È una forte lotta contro il peccato, contro il buio. Cerchiamo di essere davvero luce del mondo e sale della terra.