Anche in questa domenica vi spedisco il discorso tenuto stamattina dal Papa in occasione della recita dell’Angelus. Ancora una volta egli ci ha rivolto numerosi interrogativi.
«Oggi nel Vangelo (cfr Mt 16,13-20) Gesù chiede ai discepoli – una bella domanda: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” (v. 13). È una domanda che possiamo farci anche noi: cosa dice la gente di Gesù? In genere cose belle: molti lo vedono come un grande maestro, come una persona speciale: buona, giusta, coerente, coraggiosa… Ma questo basta per capire chi è, e soprattutto basta a Gesù? Sembra di no. Se Egli fosse solo un personaggio del passato – come lo erano per la gente del tempo le figure citate nello stesso Vangelo, Giovanni Battista, Mosè, Elia e i grandi profeti – sarebbe solo un bel ricordo di un tempo che fu. E questo a Gesù non va. Perciò, subito dopo, il Signore pone ai discepoli la domanda decisiva: “Ma voi – voi! –, chi dite che io sia?” (v. 15). Chi sono io per voi, adesso? Gesù non vuole essere un protagonista della storia, ma vuole essere protagonista del tuo oggi, del mio oggi; non un profeta lontano: Gesù vuole essere il Dio vicino!
Cristo, fratelli e sorelle, non è un ricordo del passato, ma il Dio del presente. Se fosse solo un personaggio storico, imitarlo oggi sarebbe impossibile: ci troveremmo davanti al grande fossato del tempo e soprattutto di fronte al suo modello, che è come una montagna altissima e irraggiungibile; vogliosi di scalarla, ma privi della capacità e dei mezzi necessari. Invece Gesù è vivo: ricordiamo questo, Gesù è vivo, Gesù vive nella Chiesa, vive nel mondo, Gesù ci accompagna, Gesù è al nostro fianco, ci offre la sua Parola, ci offre la sua grazia, che illuminano e ristorano nel cammino: Egli, guida esperta e saggia, è felice di accompagnarci nei sentieri più difficili e nelle scalate più impervie.
Cari fratelli e sorelle, sulla strada della vita non siamo soli, perché Cristo è con noi, Cristo ci aiuta a camminare, come ha fatto con Pietro e con gli altri discepoli. Proprio Pietro, nel Vangelo di oggi, lo comprende e per grazia riconosce in Gesù “il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (v. 16): “Tu sei il Cristo, Tu sei il Figlio del Dio vivente”, dice Pietro; non è un personaggio del passato, ma il Cristo, cioè il Messia, l’atteso; non un eroe defunto, ma il Figlio di Dio vivente, fatto uomo e venuto a condividere le gioie e le fatiche del nostro cammino. Non scoraggiamoci se a volte la cima della vita cristiana sembra troppo alta e la via troppo ripida. Guardiamo a Gesù, sempre; guardiamo a Gesù che cammina accanto a noi, che accoglie le nostre fragilità, condivide i nostri sforzi e appoggia sulle nostre spalle deboli il suo braccio saldo e gentile. Con Lui vicino, anche noi tendiamoci la mano gli uni gli altri e rinnoviamo la fiducia: con Gesù quel che da soli sembra impossibile non lo è più, con Gesù si può andare avanti!
Oggi ci farà bene ripeterci la domanda decisiva, che esce dalla sua bocca: “Voi chi dite che io sia?” (cfr v. 15). Tu – Gesù ti dice – tu, chi dici che io sia? Sentiamo la voce di Gesù che ci domanda questo. In altre parole: per me chi è Gesù? Un grande personaggio, un punto di riferimento, un modello irraggiungibile? Oppure è il Figlio Dio, che cammina al mio fianco, che può portarmi fino alla vetta della santità, là dove da solo non riesco ad arrivare? Gesù è davvero vivo nella mia vita, Gesù vive con me? È il mio Signore? Io mi affido a Lui nei momenti di difficoltà? Coltivo la sua presenza attraverso la Parola, attraverso i Sacramenti? Mi lascio guidare da Lui, insieme ai miei fratelli e sorelle, nella comunità? Maria, Madre del cammino, ci aiuti a sentire il suo Figlio vivo e presente accanto a noi» (Francesco, Angelus, 20-8-2023).
Spesso, anche vedendo il Crocifisso in ogni chiesa restiamo colpiti, commossi, coinvolti al pensiero che Gesù è morto per noi. Temo che con minor frequenza pensiamo al fatto – infinitamente più importante – che Lui è vivo (davvero mi sembra che nelle chiese Gesù risorto sia raffigurato molto meno spesso del Crocifisso!)
È così importante che Gesù sia risorto, in quanto solo se è risorto ha vinto il peccato e la morte e ci è davvero accanto e ci chiama e ci guarisce e ha un costante rapporto con noi, se ovviamente noi siamo docili, fedeli, in ascolto.
Giovedì scorso era la festa di san Bartolomeo. Chi mi conosce sa l’importanza che do alla Liturgia delle ore. Ebbene, nell’Ufficio delle letture del 24 agosto san Giovanni Crisostomo ci donava alcune riflessioni bellissime sull’esperienza e sul dramma degli Apostoli. Mi sembrano quasi la prova inconfutabile della risurrezione di Gesù.
Gli evangelisti raccontano «che quando Cristo fu arrestato dopo tanti miracoli compiuti, tutti gli apostoli fuggirono e il loro capo lo rinnegò. Come si spiega allora che tutti costoro, quando il Cristo era ancora in vita, non avevano saputo resistere a pochi giudici, mentre poi, giacendo lui morto e sepolto e, secondo gli increduli, non risorto, e quindi non in grado di parlare, avrebbero ricevuto da lui tanto coraggio da schierarsi vittoriosamente contro il mondo intero? Non avrebbero piuttosto dovuto dire: E adesso? Non ha potuto salvare se stesso, come potrà difendere noi? Non è stato capace di proteggere se stesso, come potrà tenderci la mano da morto? In vita non è riuscito a conquistare una sola nazione, e noi, col solo suo nome, dovremmo conquistare il mondo? Non sarebbe da folli non solo mettersi in simile impresa, ma perfino solo pensarla? È evidente perciò che, se non lo avessero visto risuscitato e non avessero avuto una prova inconfutabile della sua potenza, non si sarebbero esposti a tanto rischio» (san Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Corinzi).