21-08-2023

Stasera intendo continuare la riflessione di ieri.

Nel n. 150 del Catechismo della Chiesa Cattolica, che citavo appunto ieri, sono presentate le due dimensioni fondamentali della fede: quella oggettiva (assenso alla verità) e quella soggettiva (adesione personale dell’uomo a Dio).

Sono molto importanti entrambe le dimensioni ed è tragico separarle. Se vivo solo la dimensione soggettiva, finisco col confondere la fede con una (mia) emozione o una (mia) opinione, cadendo così nel soggettivismo e nel relativismo. Mi farò una mia religione “a mio uso e consumo”, con drammatiche conseguenze anche nel campo etico. Magari accetterò alcuni comandamenti (il non rubare”, per esempio) e ne eliminerò altri (il “non commettere adulterio”). Accetterò solo alcuni dei sette sacramenti (trascurando magari il sacramento della Penitenza: “mi incontro direttamente con Dio”): ecco la cosiddetta religione del “fai da te”. Così vivrò secondo le mie opinioni, dimenticando che la coscienza va formata aderendo alla Sacra Scrittura, alla Tradizione e al Magistero della Chiesa. Ho il vago timore che nel dialogo ecumenico si evita accuratamente di trattare tali questioni.

C’è anche il rischio di trascurare la dimensione soggettiva e così ci sarà una fede ridotta a intellettualismo, a un credere in verità astratte senza alcun rapporto personale, affettuoso, interiore col Signore (questo è il rischio di una certa catechesi intesa in chiave “scolastica”: priva di preghiera, di rapporto col Signore e con la comunità, avulsa da ogni forma di servizio e volontariato). In estrema sintesi, potremmo dire che sono centrali sia lo Spirito Santo sia la Chiesa, sia il carisma sia l’istituzione.

Grazie a due teologi e vescovi ora voglio sottolineare appunto la dimensione soggettiva della fede.

C’è il rischio di limitarsi alle cose da credere, a cui si dà un assenso mentale, pronto, indiscusso. Così «la fede cessa di essere un rapporto, un incontro con Qualcuno, con una persona, che ha un volto, che ha una voce, che mi conosce, che mi chiama per nome» (Mariano Magrassi, Afferrati da Cristo, ed. La Scala, Noci 1985, p. 46). È necessaria cioè «un’adesione; oltre che discorso è un percorso di vita, è la fiducia, l’abbandono al Rivelatore e Redentore, è un affidarsi a Lui e alle sue braccia paterne. La fede ha un aspetto di rischio, di consegna di sé» (Gianfranco Ravasi, Ritorno alle virtù. La riscoperta di uno stile di vita, Mondadori, Milano 2005, p. 84).