Stasera vi spedisco una preghiera di san Paolo VI, che certamente è conosciuta già da alcuni di voi, ma sono sicuro che farà bene a ognuno meditarla ancora.
«O Maria Immacolata Assunta in cielo, tu che vivi beatissima nella visione di Dio: di Dio Padre che fece di te alta creatura, di Dio Figlio che volle da te essere generato uomo e averti sua madre, di Dio Spirito Santo che in te compì la concezione umana del Salvatore.
O Maria purissima, o Maria dolcissima e bellissima, o Maria, donna forte e pensosa, o Maria povera e dolorosa, o Maria vergine e madre, donna umanissima come Eva, più di Eva. Vicina a Dio nella tua grazia, nei tuoi privilegi, nei tuoi misteri, nella tua missione, nella tua gloria.
O Maria assunta nella gloria di Cristo, nella perfezione completa e trasfigurata della nostra natura umana.
O Maria, porta del cielo, specchio della luce divina, santuario dell’Alleanza tra Dio e gli uomini, lascia che le nostre anime volino dietro a te; lascia che salgano dietro il tuo radioso cammino, trasportate da una speranza che il mondo non ha: quella della beatitudine eterna.
Confortaci dal cielo, o Madre pietosa, e per le tue vie della purezza e della speranza guidaci un giorno all’incontro beato con te e con il tuo divin Figlio, il nostro Salvatore Gesù. Amen!» (San Paolo VI).
Ogni espressione dovrebbe essere meditata a lungo. Prego lo Spirito Santo perché possa davvero guidare la vostra preghiera, la vostra lode e contemplazione.
Io sono colpito dalla grande umanità di Maria (“donna umanissima come Eva, più di Eva”). Ella ha amato Gesù come solo una madre può fare verso il proprio figlio e Lo ha amato in quanto Dio. È un’esperienza per noi troppo alta per poterla comprendere, ma mi induce ad amare Gesù, a fare la sua volontà non solo a livello soprannaturale, per fede, per obbedire, ma anche con tutto il mio affetto, senza mai mettere da parte la mia umanità nel mio rapporto con Lui. Direbbe san Tommaso che la natura e la grazia devono stare sempre insieme.
Mi fa pensare molto il riferimento di papa Montini alla differenza tra la vera speranza cristiana e la speranza mondana (“lascia che le nostre anime salgano dietro il tuo radioso cammino, trasportate da una speranza che il mondo non ha: quella della beatitudine eterna”). Attualmente tanti nella Chiesa tentano in modo assurdo di attenuare le differenze tra il pensiero cristiano e quello mondano (e così gradualmente perdono la loro identità e le loro motivazioni; io temo che tale livellamento e annacquamento siano davvero esiziali). Io, invece, penso che non devo io diventare mondano ma, certo avvicinandomi agli uomini, condurre gli uomini fino al Cielo.
Non possiamo non interrogarci poi sul riferimento a “Maria vergine e madre”.
Io penso con tristezza ai giovani che ignorano la bellezza della purezza prematrimoniale, ancora peggio a coloro che arrivano al matrimonio dopo una grave esperienza di convivenza e agli sposi che profanano la loro unione con pratiche contraccettive. La purezza è un valore altissimo non solo per chi è chiamato al celibato sacerdotale (e so bene che oggi nella Chiesa molti hanno grosse riserve riguardo a questo grande dono) ma, forse ancora di più, per chi è chiamato al matrimonio.
Ecco le parole altissime di papa Wojtyla. A coloro che le troveranno un po’ difficili non posso che consigliare di andare del tutto controcorrente (non solo riguardo al mondo, ma purtroppo anche riguardo agli attuali orientamenti di quasi tutta la Chiesa) e decidere davvero di leggere, meditare, studiare, vivere e testimoniare la sua stupenda “Teologia del corpo”.
«Sebbene la continenza “per il Regno dei cieli” (la verginità, il celibato) orienti la vita delle persone che la scelgono liberamente al di fuori della via comune della vita coniugale e familiare, tuttavia non rimane senza significato per questa vita: per il suo stile, il suo valore e la sua autenticità evangelica. Non dimentichiamo che l’unica chiave per comprendere la sacramentalità del matrimonio è l’amore sponsale di Cristo verso la Chiesa (cf. Ef 5, 22-23): di Cristo figlio della vergine, il quale era lui stesso vergine, cioè “eunuco per il Regno dei cieli”, nel senso più perfetto del termine» (Giovanni Paolo II, Udienza generale, 5 maggio 1982).
Provo a dare una piccola spiegazione.
Se Cristo è sposo della Chiesa, ma è anche vergine, e se Maria è al tempo stesso sia vergine sia madre, tutto ciò illumina in modo decisivo anche l’amore coniugale. In altri termini, le coppie che non approfondiscono la castità coniugale, la procreazione responsabile e i metodi naturali restano al di fuori del disegno di Gesù sul matrimonio, sulla sessualità e sulla procreazione.