14-08-2023

In preparazione alla solennità dell’Assunzione vi spedisco una riflessione (non facile!) di don Fabio Rosini. Egli si sofferma molto su un’espressione che è facile trascurare: “d’ora in poi” (Lc 1,39). Egli ci aiuta a riflettere sul “per sempre” sull’eternità, su ciò che è definitivo, sulla verità dell’uomo e dell’amore alla luce di Dio. Noi siamo circondati, anzi assediati dalla cultura del relativo, del provvisorio, dell’effimero, del superficiale. Se capiamo le parole di don Fabio, comprendiamo anche come educare adolescenti e giovani, ci rendiamo conto del motivo per cui tante persone deridono la fedeltà, comprendiamo perché l’unica, vera, totale, unione tra uomo e donna è nel sacramento del matrimonio ed è indissolubile.

 

«Maria è assunta in Cielo in anima e corpo e in lei si fa presente il destino di ognuno di noi, visto che siamo tutti chiamati alla resurrezione della carne, come professiamo nel Credo. Siamo fatti per l’eternità, corpo incluso.

Ma da dove comincia questa eternità? Qual è la sua radice? Elisabetta dice a Maria: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” e Maria nel Magnificat le risponderà con questa frase: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Non solo tu, ma ogni generazione.

 Quel “d’ora in poi” non va sottovalutato. È un’espressione che implica una svolta definitiva, un punto di non ritorno. Chi la può dire? Ad esempio, Gesù dirà frasi del tipo: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11), ma solo lui può mettere un argine definitivo al peccato, perché, come dicono altri testi, chi potrebbe perdonare i peccati se non Dio solo?

Quella del “d’ora in poi” è una categoria ben precisa, quella di una cosa che solo Dio può compiere: l’indelebile. Come la vita, che la si può togliere solo fisicamente, ma non secondo l’eternità, appunto.

È la categoria delle cose di Dio. San Paolo dice che “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!” (Rm 11,29).

Nella terza lamentazione di Geremia c’è una frase che ci si dovrebbe ripetere spesso, nella vecchia traduzione, più efficace: “Il Signore non rigetta mai” (Lam 3,31). Il Signore non smette di amare. Il Sal 136 ripete come un martello la frase: “Perché eterna è la sua misericordia›”. Ben 26 volte …

Ecco c’è qualcosa di assoluto, un “mai” o un “sempre” che solo Dio può donare ed è la radice della nostra eternità, la quale non può essere che in Lui.

Maria Santissima ha creduto ad una cosa che le ha detto l’arcangelo Gabriele di quel bimbo che Lei ha accolto: “Il suo regno non avrà fine”. Quel che Dio sta facendo in Lei non è evanescente, non è di passaggio. Non avrà termine.

Il nostro Battesimo è irreversibile, la Confermazione lo è. Se siamo figli di Dio non lo siamo in modo occasionale ma definitivo.

Un figlio non smetterà mai di essere figlio, anche se rinnega il padre o la madre, anche se scappa dall’altra parte del mondo. Dovunque vada sarà figlio.

Maria è assunta in Cielo perché ha accolto il Cielo in Lei, perché ha creduto che le parole che riceveva non erano incomplete, ma compiute, eterne, definitive.

Qui è la radice della nostra eternità: credere alla fedeltà di Dio, credere che non ci rigetta mai, che siamo figli sempre e comunque.

Un passo di Isaia dice: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani” (Is 49,15-16).

Cristo ci porta tatuaggi sulle sue mani, con il segno dei chiodi che mostra ai discepoli nel giorno in cui Lui è veramente risorto nel suo corpo. È il segno indelebile dell’amore che ci ha usato.

Quell’amore è la nostra eternità. Quell’amore ci porterà oltre la morte» (Rosini Fabio, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico A, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 176-178).

 

Meditando il messaggio di don Fabio non ho potuto non pensare ad alcune parole di san Giovanni Paolo II. Spero che conosciate questa commedia.

 

«L’amore non è un’avventura. Prende sapore da un uomo intero. Ha il suo peso specifico. È il peso di tutto il tuo destino. Non può durare un solo momento. L’eternità dell’uomo passa attraverso l’amore. Ecco perché si ritrova nella dimensione di Dio – solo lui è l’Eternità» (JAWIEN ANDRZEJ – WOJTYLA KAROL, La bottega dell’orefice, Città del Vaticano 1979, p. 48).