Oggi ho avuto molti …dubbi riguardo a questi pensieri. Progettavo di riprendere le riflessioni sul cielo, interrotte da vari giorni, oppure di continuare a meditare sulle letture della s. Messa di ieri oppure di farvi conoscere una bellissima meditazione di sant’Ambrogio (una parte della quale ho usato per il manifesto della prossima festa della Madonna del Carmine). Quando ho letto e meditato il commento di monsignor Aiello alle letture della s Messa di oggi, sono rimasto quasi commosso e ho pensato a una frase di san Pietro: “quello che ho te lo do” (At 3,6). In altri termini, mi sono sentito in debito nel dover condividere con voi la luce che mi era stata donata. Il Vescovo di Avellino commenta Gen 28,10-22 e Mt 9,18-26 (due brani che ognuno dovrebbe meditare a lungo per apprezzare ciò che scrive monsignor Aiello e trarne davvero frutto soprattutto per la vita).
Vi confesso che forse la frase, che mi ha quasi sconvolto per la sua semplicità e concretezza, è l’ultima, quella dell’agire.
«Lectio Divina
Fede del cammino, cammino della fede
Lettura
La Bibbia tutta è il racconto di un viaggio lungo e articolato, ricco di difficoltà, di imprevisti e di scoperte. È il viaggio dell’uomo e di Dio: innanzitutto, è il cammino del Creatore alla ricerca della sua creatura (“Adamo, dove sei?”) e, in seconda battuta, quello dell’uomo alla scoperta del “paradiso perduto”, e delle sue origini. La Bibbia comincia con la chiamata e l’inizio del pellegrinaggio di Abramo, invitato a lasciare la sua terra per una Promessa che è terra, e per una terra che è Promessa. «Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato» (Gen 28,13), leggiamo nella prima lettura.
Meditazione
Anche Giacobbe si misura con il fascino e la paura di un viaggio, che è quello della fede; cala la sera e con essa i fantasmi della notte. Dio gli va incontro con un sogno, nel quale una scala unisce cielo e terra, risolvendo la tragedia del cielo chiuso e dei cherubini posti a custodia del Giardino dell’Eden. Più che una realizzazione era una promessa. Nel vangelo Gesù, il Figlio uscito dal silenzio del Padre, ha percorso in discesa quella scala e incontra l’uomo, sempre ferito. È un padre, precipitato nell’angoscia per la morte della figlia, che ne lascia il cadavere ancora caldo per andare a chiedere al Maestro un intervento impossibile agli occhi degli uomini. È una donna, ferita nella sua femminilità, che da dodici anni assiste impotente a una morte “a goccia a goccia”, che le toglie il respiro ponendola in una condizione di impurità legale. Gesù è venuto a incontrare Adamo ed Eva, l’ “uomo”, tutto l’uomo, ogni uomo ferito; e qui, nel suo viaggio tra noi incontra un padre cui è stata strappata la paternità, e una donna impossibilitata a divenire madre. Ci si può crogiolare nel proprio dolore, chiusi a ogni invocazione, a ogni attesa di redenzione, oppure, come quel padre – egli è “uno dei capi”, ma il suo ruolo in ciò non gli giova a nulla -, si può andare in cerca del Maestro. O, ancora, si può ordire il “furto” di un miracolo ai “danni” di Gesù, solo per non scomodarlo. La chiave risolutiva del brano è “mettersi in cammino”, uscire dalla camera ardente dei lamenti e avventurarsi sulle strade della fede. Tu preferisci piangere sui tuoi mali, o intraprendere il “santo viaggio” del credere, lanciandoti nell’incognita dell’incontro con Gesù? Il padre-capo decide di “chiedere”; la donna emorroissa decide di “toccare”, e queste scelte aprono davanti a loro orizzonti insperati di grazia. Forse anche tu devi metterti in cammino e ricordare che, da qualche parte, esiste una “scala”.
Preghiera:
Tirami fuori, Signore Gesù, dalla tana-tomba dove mi sono chiuso, come un animale braccato. Insegnami che non serve leccarsi le ferite, ma è salvifico alzare gli occhi e incontrare il tuo sguardo misericordioso che non accusa, ma ci schiude orizzonti di grazia.
Agire
Oggi non prendo l’auto, vado a piedi, per incontrare persone bisognose di un saluto» (Arturo Aiello, Fede del cammino, cammino della fede, in Messa meditazione 2023, luglio-agosto, pp. 107-108).
Ecco alcuni spunti.
Già nel titolo: intendo la mia vita come un cammino? Oppure sono in una forma di stasi? Oppure cammino, sì, ma senza una vera meta, senza l’unica, giusta meta?
Devo meditare sulla domanda di Gen 3,9. Ho capito che è una domanda rivolta a me in questo momento?
Ho capito, ho visto Dio venirmi incontro?
Rimango nei fantasmi della mia notte o mi lascio illuminare, guarire, guidare da Lui? Credo nell’ “impossibile”?
Qual è la mia “tana-tomba” o la mia camera ardente” da cui devo uscire?
Ho colto il collegamento col tema del “cielo”?