Stasera vi spedisco un racconto (o una riflessione) alquanto doloroso e impegnativo.
«Lasciami dove sono!
Quando si fa silenzio intorno a me, nelle ore del giorno e della notte, un lamento che scende dalla Croce mi colpisce e mi fa trasalire.
La prima volta che l’udii uscii dalla mia casa, e cercando intorno trovai un Uomo nel terrore della Crocifissione. “Lasciate che vi stacchi dalla Croce” e cercai di togliere i chiodi dai suoi piedi!
Ma Egli mi rispose: “Lasciami dove sono! Perché Io non scenderò dalla Croce fino a quando tutti gli uomini, tutte le donne, tutti i fanciulli non si uniranno insieme a distaccarmi”
Gli dissi allora: “Come posso sopportare il Vostro lamento? Che cosa posso fare per Voi?”
Egli mi rispose: “Va’ per tutto il mondo, e dì a quelli che incontrerai che c’è un Uomo su una Croce”» (Fulton J. Sheen).
Con una certa frequenza vi confido i miei pensieri, le mie “certezze”. Tra le mie certezze c’è questa: che la croce è ben piantata nella vita di ogni uomo. Non ho mai visto una persona o una famiglia senza una sofferenza. Ovviamente parlo di sofferenze di vario tipo.
Se spesso (o sempre) non siamo liberi rispetto alla sofferenza, nel senso che la croce è così ben piantata che non la possiamo ignorare né eliminare, ciò che è affidato alla nostra libertà è la scelta se sprecare la croce o viverla in modo fecondo; se restare al buio o vivere nella luce e nella speranza; in ultima analisi se soffrire amando oppure disperandoci, invidiando e maledicendo gli altri (soprattutto coloro che riteniamo siano la causa del nostro dolore).
Spesso incontro persone rimaste in uno stadio di penoso infantilismo. In questi casi ricordo una frase ascoltata poco meno di cinquant’anni fa: “Le persone immature sono coloro che non hanno saputo soffrire”.
Sono ancora più sicuro che la scelta di fondo è se soffrire da soli o con Gesù, meditando la sua Passione, sapendo che l’ultima parola sarà sempre la Risurrezione, cioè la vittoria sul peccato, sulla morte, sull’egoismo.