Ecco il commento di don Fabio al Vangelo di questa domenica.
«V domenica di Pasqua
Gv 15,1-18
Sin dalla Genesi l’uomo sente l’appello a portare frutto, a crescere, a lasciar traccia positiva di sé. E si lancia con fatica a cercare di conseguire risultati. Ma chiunque sia un po’ onesto con se stesso non potrà evitare di ricordare le proprie sconfitte e le proprie sterilità. E anche i nostri successi sfociano spesso nell’insoddisfazione, così frequente nel nostro cuore. Anche se abbiamo fatto tutto quel che volevamo e abbiamo raggiunto quel che cercavamo, siamo incompleti. Ci manca un pezzo.
Abbiamo bisogno di accogliere questa diagnosi che la storia ha dato a ogni svolta, e che ogni autentico contatto con il nostro cuore ci ha ribadito: siamo incompleti, insufficienti, carenti. Noi non bastiamo a noi stessi.
Ma chi ha detto che questo è un errore? Chi ha detto che dovevamo trovare un altro risultato? Finché aspettiamo di essere completamente autonomi, saremo insoddisfatti di noi stessi, e gli altri sottolineeranno con le loro aspettative la tragedia di questa illusione. Noi cerchiamo in noi stessi le risposte su noi stessi, ma non sono in noi.
Ecco che gioiosamente, limpidamente, questo Vangelo proclama un’altra prospettiva, quella della vita che porta frutto. Non è un’esistenza autonoma, ma ha le sue radici in un Altro. È la poderosa fecondità di chi “rimane” in Cristo, Il quale è radicato nel Padre.
La vita cristiana non è costruita su energia e qualità proprie. È l’arte di lasciarsi salvare e poter dare tanto perché molto di più si è ricevuto. La vita si accoglie da Dio, e finché l’uomo cerca la vita in se stesso getta le basi delle sue tragedie. Non si vive della propria fragile sostanza, ma della meravigliosa capacità che Dio ci ha donato di poter ricevere la vita da Lui.
Ci sono pseudo-cristiani che passano il tempo a sbandierare le loro opere e a vantare le loro virtù. Nascondendo disprezzo per gli altri e ansia per la propria immagine.
Che consolazione quando si riceve la testimonianza di qualcuno che mostra un’opera di Dio, che sveli le sorprendenti vie della Provvidenza, che ci mostri la signoria di Cristo nella sua storia!
Cosa vuoi che mi importi che tu sia bravo? Di questo a me non serve niente. Ma se nella tua esperienza mi sai mostrare la potenza e la misericordia di Dio, questo sì che mi interessa, perché allora Dio può salvare anche me.
Gesù svela il segreto e le strategie del portare frutto: il Padre taglia ciò che è sterile e pota quel che porta frutto. Dio Padre ci cura con tagli e potature. Assecondare la sua opera è molto più importante che essere capaci di non so cosa. Abbiamo visto uomini e donne dotatissimi ma involuti in se stessi, e abbiamo conosciuto persone fragili, difettose o malate, capaci di sbocciare in atti di abbandono che illuminavano il mondo. Accogliere la vita come Dio ce la dona è più fecondo di mille opere di produzione propria.
Ci sono persone grandiose svanite dalla memoria, e c’è una ragazza umile e povera che dice: «Avvenga per me secondo la tua parola». E quanto è benedetto il frutto del suo seno!» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 106-107).
Certamente avete notato nel vostro cammino spirituale che Gesù molto spesso si serve di immagini per aiutarci a capire il rapporto che c’è, che ci deve essere tra noi e lui: domenica scorsa l’immagine del gregge, in questa domenica l’immagine della vite. Vi invito a meditare bene per comprendere il collegamento. Ricordo quando … nello scorso millennio andavo a scuola e gioivo per le guerre d’indipendenza, grazie alle quali l’Italia diventava finalmente uno Stato unitario e otteneva appunto la liberazione, l’indipendenza rispetto al dominio straniero. Oppure pensiamo alla festa di giovedì scorso: la Liberazione.
Ecco, invito me e voi a riflettere su queste categorie: autonomia, indipendenza, liberazione. Com’è triste quando vedo genitori ormai anziani che accompagnano il figlio ormai adulto in ogni occasione. Non lo aiutano mai a diventare appunto autonomo, indipendente. E il nostro rapporto con Gesù? Mai la pecora è autonoma dal pastore, mai il tralcio è indipendente dalla vite. Questo mortifica la nostra libertà e la nostra creatività? Sono sempre più convinto di come senza molto studio e senza un grande e sapiente uso della ragione il nostro cristianesimo possa rimanere davvero a un livello infantile. Solo con tanto studio e tanta riflessione possiamo operare uno stretto nesso tra fede e vita, tra fede e cultura e così capiremo i terribili guasti portati dall’illuminismo, dal 1968 e dal femminismo, proprio sulla verità dell’uomo e sulle conseguenze etiche a partire da un rapporto vero e profondo col Signore. Solo all’interno del nostro rapporto col Signore capiremo la nostra verità più profonda e vedremo come sono importanti le categorie del “saper ricevere”, del “rimanere”, del “saper assecondare l’opera di Dio in noi”. Questi sono i temi evidenziati da don Fabio. La Vergine Maria è la donna davvero libera, perché serva unicamente della Verità e del vero Amore. Io penso che anche perciò tanti giovani oggi sono lontani dalla fede e dalla Chiesa: perché i loro genitori, non ben formati e quasi per niente motivati, non sono stati in grado di aiutarli ad affrontare sapientemente le immense sfide del mondo moderno.