Stasera continuo a presentarvi gli Esercizi predicati dal cardinale Martini nel Ciad nel 1988. Però non si tratta di una riflessione sulle vicende del re Davide, piuttosto della prima parte di un’omelia tenuta durante quegli Esercizi. Naturalmente egli comunque si collega con la figura di Davide e commenta alcuni passi dei capitoli 11 e 12 del Vangelo secondo Matteo. Ora mi limito a darvi la prima delle tre parti dell’omelia, così avete modo di leggere anche i capitoli del Vangelo che ho appena citato. I temi sono molto delicati: il desiderio e il segno. Sono in gioco alcuni punti fondamentali come la fede e la fiducia.
«L’ECONOMIA UMILE DEL REGNO
(Omelia nel lunedì della XVI settimana “per annum”)
Le letture della liturgia di questi giorni sono tratte dai capitoli 12 e 13 del vangelo secondo Matteo.
Dopo la promulgazione e la predicazione del Regno, Gesù comincia a parlare, a partire dal capitolo 11, del mistero del Regno e della sua economia umile, perché può essere accettato o rifiutato.
Il passaggio forse più significativo è nella preghiera: “Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (11,25). È la chiave di lettura dei successivi discorsi: i grandi e i saggi non comprendono l’economia umile del Regno, mentre i piccoli la comprendono.
Il brano odierno (12,38-42) esprime il rifiuto di chi non crede a Gesù, e possiamo dividerlo in tre punti.
– Anzitutto, la richiesta di segni: “Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno” (v. 38).
– Poi, il giudizio generale di Gesù: “Una generazione perversa e adultera pretende un segno!” (v. 39a).
– Infine, il contro-segno dato dal Maestro: “Non le sarà dato, se non il segno di Giona profeta” (v. 39b).
1 – Che cosa significa chiedere al Signore un segno?
A ben notare, gli scribi e i farisei esprimono un desiderio e abbiamo detto che il desiderio di Dio è il motore di tutta la storia di Davide. Tuttavia qui c’è un ribasso della domanda religiosa perché viene a mancare la fiducia nel Signore.
Se noi cerchiamo un segno di Dio perché realmente cerchiamo Dio, allora abbiamo i Sacramenti, la preghiera, la vita stessa della Chiesa. Sono tutti segni che da un lato rivelano Dio e dall’altro lo nascondono.
Quando invece cerchiamo semplicemente un segno, come facevano gli scribi e i farisei, allora la ricerca religiosa autentica, non c’è più. A poco a poco si dimentica il desiderio di Dio e si vuole il segno come tale.
Cadiamo così nell’economia del successo, rifiutando l’economia umile del Regno. Naturalmente non lo ammettiamo e affermiamo che cerchiamo il successo per Dio, per dare gloria al suo Nome, per il suo onore. In realtà, ci fermiamo, ci chiudiamo in un segno che ci gratifica, e ci conforta» (CARLO M. MARTINI, Davide peccatore e credente, Centro ambrosiano – Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1989, pp. 27-28).