Pensiero serale del 23-12-2023

bibbia

Il commento di don Fabio alle letture di questa domenica mi colpisce per vari motivi. Innanzitutto chiarisce che il tema vocazionale non è ristretto a una categoria di eletti (preti, suore, frati), ma dev’essere alla base di ogni esistenza …ovviamente se vogliamo essere cristiani!
Inoltre, ritengo molto importante che, in un’epoca in cui molti improvvisano e non sanno progettare, don Fabio mette in guardia anche dai rischi insiti in ogni progetto umano.
Infine, siccome veniamo da una settimana in cui abbiamo letto un’infinità di commenti su temi riguardanti alcune benedizioni, don Fabio ci dona uno spunto geniale proprio sul tema del “benedire”. Ovviamente le riflessioni, che vi spedisco, sono precedenti alla “Fiducia supplicans”, ma le ritengo comunque provvidenziali, preziose, illuminanti.

«IV domenica di Avvento
Lc 1,26-38
L’angelo annunzia l’adempimento di una antica profezia – prima lettura di questa domenica – legata al momento in cui il re Davide, vinte le sue battaglie e stabilito il suo casato, disse: “Com’è che io sono in una casa mentre l’arca di Dio dimora in una tenda? Voglio costruire una casa per il Signore!”. Ma il Signore invia al profeta Natan un messaggio per Davide: “Tu vuoi costruire una casa per me? Guarda la nostra relazione fino ad ora: ti ho preso dai pascoli e sono stato con te ovunque tu andassi. Ho vinto i tuoi nemici e ti ho reso grande. Non tu, ma io costruirò una casa per te!”.
Ci prepariamo a contemplare l’incarnazione di Cristo, l’incontro tra la carne umana e la divinità di Dio, in un piccolo bambino che nasce a Betlemme e porta il cielo sulla terra. Da dove sgorga tutto ciò? Dall’uomo o da Dio? Davide aveva un nobile progetto, ma le nostre idee, non importa quanto belle, non sono comunque le idee di Dio. C’è un abisso tra noi e Dio, e solo Dio può attraversarlo. La salvezza parte da Dio, non dall’umanità. Altrimenti dura poco.
La vita di Dio è concepita verginalmente perché non nasce da seme umano. Cosa significa? Che è vitale chiederci da dove nascano le nostre opere. Possiamo essere motivati dai nostri stessi impulsi, che, per quanto buoni, sono comunque nostri. La vita piena viene dall’iniziativa di Dio.
Quando due fidanzati si chiedono se sono chiamati al matrimonio, devono cercare di scoprire se c’è qualcosa che è puro dono di Dio nel cuore della loro relazione. Così, chi è in discernimento vocazionale, deve controllare se il desiderio di donarsi al Signore non nasca da un proprio bisogno. Se ciò che facciamo è basato esclusivamente sul DNA umano, come sperare di fare qualcosa che sappia di eternità? Il nodo è che la vita nuova si accoglie, non si progetta! A Natale ci viene offerto un regalo da accogliere. E accogliere può essere più difficile che intraprendere, inventare, ideare. Gesù, infatti, lo si segue. Quanto tempo abbiamo perso, nella Chiesa, per iniziative – belle quanto si vuole – ma comunque orizzontali, prive di eternità, che non portano al Regno dei Cieli!
Si potrebbe dire: e la nostra inventiva? Il nostro ingegno? La creatività più efficace nasce dall’amore, e il nostro amore più maturo è una risposta. “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1Gv 4,19). Se la nostra iniziativa nasce dalla gratitudine, allora diventa bella, fertile e benedetta.
Lui costruisce una casa per noi, e anche quando facciamo le cose più difficili e faticose, dobbiamo ammettere che riceviamo sempre molto più di quanto diamo.
A volte trattiamo Dio come il nostro cappellano: venga a benedire le nostre opere, spruzzi acqua santa sulle cose nostre, sui nostri progetti, prego.
Il Natale è la generazione di una nuova vita nel grembo di una vergine. La verginità è anche una categoria esistenziale: lasciarsi fecondare da Dio. È più difficile rimanere fedeli ai progetti di Dio che inventare continuamente novità. Che forse sono solo fughe» (FABIO ROSINI, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2023, pp. 27-28).