Questa sera resto ancora sul tema del Vangelo di ieri. Non è facile capire quale sia stato l’errore delle vergini stolte. Tra l’altro, proprio oggi la Chiesa comincia a presentarci il Libro della Sapienza nella Liturgia della Parola. Io, quando penso alla sapienza, non posso non pensare alla Sapienza della Croce e al dono dello Spirito Santo.
Comunque, il Vangelo diceva che “lo sposo tardava” (Mt 25,5). Ecco lo stretto collegamento tra attesa, desiderio e speranza. Mi chiedo spesso: cosa oggi i genitori attendono per i loro figli? I nostri ragazzi e adolescenti certamente vedono quali sono le attese dei loro genitori: un aumento di stipendio? Una casa più bella? Uno scatto di carriera? Una salute ottima? La vittoria della “squadra del cuore”? L’acquisto di ciò che la pubblicità ci propone con un ritmo sempre più accelerato? Forse la cosa più tragica è quando uno smette del tutto di attendere o quando il livello dell’attesa (e del desiderio) è tanto lontano da ciò che il Signore ha pensato per ciascuno di noi.
Tonino Bello circa trent’anni fa, col suo linguaggio poetico ed efficace, ci donava alcune riflessioni proprio sul tema dell’attesa. Auguro a me e a voi di imparare dalla Vergine Maria. Lei sa insegnarci bene Chi dobbiamo attendere.
«Attendere, ovvero sperimentare il gusto di vivere. Hanno detto addirittura che la santità di una persona si commisura allo spessore delle sue attese. Forse è vero. Se è così, Maria è la più santa delle creature proprio perché tutta la sua vita appare cadenzata dai ritmi gaudiosi di chi aspetta qualcuno.
Santa Maria, vergine dell’attesa, donaci del tuo olio perché le nostre lampade si spengono. Vedi: le riserve si sono consumate. Non ci mandare altri venditori. Riaccendi nelle nostre anime gli antichi fervori che ci bruciavano dentro quando bastava un nonnulla per farci trasalire di gioia: l’arrivo di un amico lontano, il rosso di sera dopo un temporale, il crepitare del ceppo che d’inverno sorvegliava i rientri in casa, le campane a stormo nei giorni di festa, il sopraggiungere delle rondini in primavera, l’acre odore che si sprigionava dalla stretta dei frantoi, le cantilene autunnali che giungevano dai palmenti, l’incurvarsi tenero e misterioso del grembo materno, il profumo di spigo che irrompeva quando si preparava una culla. Oggi noi non sappiamo più attendere perché siamo a corto di speranza. Se ne sono disseccate le sorgenti. Soffriamo una profonda crisi di desiderio. E ormai paghi dei mille surrogati che ci assediano, rischiamo di non aspettarci più nulla neppure da quelle promesse ultraterrene che sono state firmate col sangue dal Dio dell’Alleanza.
Santa Maria, vergine dell’attesa, donaci un’anima vigilare. Giunti alle soglie del terzo millennio, ci sentiamo più figli del crepuscolo che profeti dell’avvento. Sentinella del mattino, ridestaci nel cuore la passione per giovani annunci da portare al mondo, che si sente già vecchio. Portaci finalmente arpa e cetra, perché con te mattiniera, possiamo svegliare l’aurora» (TONINO BELLO, Maria, donna dei nostri giorni, Paoline, Cinisello Balsamo, pp. 17-20).