Stasera, continuando la riflessione sul Vangelo di questa domenica, voglio segnalarvi ciò che ha detto il Papa stamattina. Nel discorso pronunciato in occasione della preghiera dell’Angelus ha affermato:
«Un giorno Santa Teresa di Calcutta, a un giornalista che le chiedeva se, con quello che faceva, si illudesse di cambiare il mondo, rispose: “Io non ho mai pensato di poter cambiare il mondo! Ho cercato soltanto di essere una goccia di acqua pulita, nella quale potesse brillare l’amore di Dio” (Incontro con i giornalisti dopo il conferimento del Premio Nobel per la Pace, Roma, 1979). Ecco come lei, tanto piccola, ha potuto fare un bene così grande: riflettendo come una goccia l’amore di Dio. E se a volte, guardando lei e altri santi, ci venisse da pensare che siano degli eroi inimitabili, ripensiamo a questa piccola goccia: l’amore è una goccia che può cambiare tante cose. E come si fa, questo? Facendo il primo passo, sempre. A volte non è facile fare il primo passo, dimenticare cose…, fare il primo passo. Facciamolo! Questa è la goccia: fare il primo passo» (FRANCESCO, Angelus 29-10-2023).
Voglio sottolineare che il Papa, citando questa frase bellissima di madre Teresa per illustrare il comandamento dell’amore, ha parlato non di fare, ma di essere. Io temo che molto spesso riduciamo tutto a fare. Invece, per poter amare, occorre essere. Rispetto al tema “infinito” del cambiare il mondo (col rischio che si può pensare che sia impresa impossibile e così ci si limita a fare chiacchere, discussioni infinite o più facilmente ci si scoraggia), madre Teresa ha esortato a essere, cioè a un impegno in prima persona. “Essere una goccia di acqua pulita per far brillare l’amore di Dio”. Queste parole stupende mi hanno fatto pensare a due cose: a santa Teresa di Lisieux, alla sua piccolezza, umiltà e semplicità; e mi hanno ricordato l’elemento essenziale e specifico dell’Amore di Dio: Egli ci ama, certo, ci accompagna, certo, ci accoglie certo, ma soprattutto il suo scopo è molto preciso: ci vuole trasformare (una parola che ascolto sempre più raramente: vuole condurci a una vera conversione: non ecologica, non pastorale, ma antropologica ed etica). Pensiamo che, fin sulla croce, in quelle ore terribili egli riuscì anche lì a mettere da parte la sua sofferenza terribile e mirò semplicemente col suo Amore, col suo sguardo, con pochissime parole a trasformare il cuore del buon ladrone operando un miracolo gigantesco. Io a che punto sto nel permettere a Dio di trasformarmi? Da qui si comincia, il resto è mera velleità. Quando medito su questo episodio, mi chiedo: cosa avranno pensato i nemici di Gesù? Erano sicuri di distruggerlo e Lui ancora lì parlava di futuro, di vittoria, di vita, di Cielo. Soprattutto non posso non fare un confronto con la cultura attuale fatta di totale estroflessione, culto dell’immagine e dell’apparenza. Chi si limitava a vedere cosa accadeva sul Calvario, pensava che non era cambiato nulla tra prima e dopo lo scambio di battute tra i due condannati. Eppure era davvero cambiato tutto. Dinanzi al cuore di Dio valgono più la conversione e la salvezza di un solo uomo che la creazione di milioni di stelle.
Il Calvario sembrava una tragedia di odio, di violenza e di morte e, invece, stava nascendo il mondo nuovo attraverso il più grande atto di Amore di tutta la storia. È proprio vero che solo dal suo Amore Misericordioso può nasce la speranza. A che punto sto io con la speranza? Dalla preghiera di Colletta della s. Messa di oggi e anche dalla Liturgia delle Ore io sono in qualche modo esortato a crescere nella speranza (oltre che nella fede e nella carità). Me ne sono accorto? Ci sto meditando?
Tornando alle parole del Papa, qual è la goccia, il primo passo che io posso fare? Magari dimenticando (perdonando) il male ricevuto.
Marcello De Maio