Come martedì scorso, vi raccomando, se potete, di meditare bene personalmente le due letture della s. Messa di oggi (Es 32,7-14; Gv 5,31-47) e poi di riflettere attentamente sul commento di padre Vanhoye. Egli si sofferma soprattutto sull’intenso confronto tra Dio e Mosè. Il commento che leggerete è una forte conferma del profondo legame che lega l’Antico e il Nuovo Testamento. «Nella liturgia di oggi vediamo quante testimonianze Gesù ci presenta per aiutarci a credere in lui. Egli parla dapprima della testimonianza di Giovanni Battista, che lo ha indicato come “l’Agnello di Dio” (cf. Gv 1,29.36); poi della testimonianza delle Scritture, in particolare di quella di Mosè; ma parla soprattutto della testimonianza del Padre. Giovanni è stato mandato da Dio; le Scritture sono state ispirate da Dio; ma la testimonianza più importante è quella del Padre, che si manifesta nelle opere stesse di Gesù. “Io però – dice Gesù – ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato››. È grazie all’unione del Padre e del Figlio nelle opere che si rivela veramente la filiazione divina di Gesù: il Padre le sue opere al Figlio affinché egli le compia; e Gesù, compiendo opere, si manifesta come Figlio di Dio.La testimonianza di Mosè e quella delle Scritture sono illustrate dalla prima lettura, che parla dell’incredulità degli Israeliti.Gesù dice nel Vangelo: “Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza”. Mosè viene presentato qui da Gesù come accusatore dei Giudei, perché il Pentateuco, dove sono riportate le sue parole, è pieno di dure accuse contro il popolo d’Israele. Ma nella prima lettura di oggi egli è presentato piuttosto come difensore del popolo ebreo: si tratta di un popolo di dura cervice, e tuttavia Mosè chiede a Dio di salvarlo.La prima lettura ci fa vedere anche come le Scritture parlino in anticipo del mistero di Gesù. Dopo il peccato del popolo nel deserto Dio fa una proposta a Mosè: “Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione”.È una proposta che al Signore sembra buona per rimediare alla situazione catastrofica che si è venuta a creare. Il popolo si è completamente pervertito ed è necessario sopprimerlo. Tuttavia Dio vuole ancora realizzare il suo disegno iniziale; per questo propone a Mosè di essere lui il capostipite di un nuovo popolo; così si ricomincerebbe da capo. Mosè però non accetta questa proposta di Dio, e invece gli chiede: “desisti dall’ardore della tua ire e abbandona il proposto di far del male al tuo popolo”. Poi è Mosè stesso a fare una proposta a Dio: “Ma ora, sei tu perdonassi loro peccato… Altrimenti cancellami dal tuo libro che hai scritto [cioè sopprimi anche me]!” (Es 32,32). In questo modo Mosè si rende completamente solidale con il suo popolo, per ottenerne da Dio la salvezza.Ora tutte queste cose si realizzano nel mistero di Gesù con una sintesi straordinaria e inattesa. Nella morte di Gesù, Dio “distrugge il popolo”: la morte di Gesù, come dice Paolo (cfr. Ef 4,22) è la distruzione del mondo antico, dell’uomo vecchio. Ma non si tratta soltanto di distruzione, perché questa morte provoca la resurrezione. Gesù allora è il nuovo Mosè che accetta di morire con il popolo e per il popolo, ma è anche il nuovo Mosè che diventerà una grande nazione. Le parole che Dio ha detto a Mosè: “Di te invece farò una grande nazione”, si realizzano di fatto nella risurrezione di Gesù.Così le Scritture rendono testimonianza alla passione e alla resurrezione di Gesù in un modo che non era possibile prevedere, ma che possiamo ammirare quando rileggiamo la Bibbia alla luce del mistero pasquale di Gesù. In esso si realizzano la morte e la vita; in esso il peccato è distrutto e comincia una vita nuova» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola, volume I – Tempi forti, Edizioni AdP, Roma 2014, pp. 127-128).Siamo aiutati a immergerci più profondamente nel mistero pasquale. Ci è promesso qualcosa di ben più grande della continuazione della vita dopo la morte.Anche pregando dinanzi alla Sindone (pur in una semplice copia), ci rendiamo meglio conto della solidarietà di Gesù con noi. Grazie a padre Vanhoye capiamo in che senso Gesù è il nuovo Mosè.