Pensiero serale 20-03-2025

Vorrei continuare a riflettere sui pensieri che vi ho dato due giorni fa, ma vorrei anche proporvi il commento di padre Vanhoye alle letture della s. Messa di oggi (Ger 17,5-10; Lc 16,19-31). Ecco innanzitutto le considerazioni del biblista.«Nel brano evangelico di oggi, che è pieno di contrasti, c’è un grande realismo: da una parte, viene presentata la vita del ricco gaudente; dall’altra, la miserabile esistenza di un povero che vive accanto a lui. Nella vita terrena non c’è nessun rapporto fra loro due. E questa mancanza di rapporti sulla terra viene poi sanzionata da Dio nel cielo: come non c’è stato nessun rapporto nella vita terrena così non è neppure possibile alcun rapporto nell’aldilà. Tra le due persone si è stabilito un grande abisso, e nessuna di loro può oltrepassarlo.A prima vista, sembra che non ci sia corrispondenza tra questo Vangelo e la prima lettura di oggi; ma la liturgia quaresimale li mette intenzionalmente in relazione, e noi possiamo servirci del brano evangelico per commentare l’esortazione di Geremia ad avere fiducia in Dio.Il profeta dice: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo”, cioè l’uomo che pone la sua fiducia nei mezzi umani, nei beni materiali. Il ricco gaudente del Vangelo è un esempio di coloro che mettono la loro fiducia nell’uomo e organizzano la loro esistenza indipendentemente da Dio, circondandosi di tutti i beni possibili per essere felici quaggiù, appoggiandosi alle loro ricchezze e mettendosi al riparo da ogni possibile sofferenza. Queste persone non hanno neppure l’idea della fiducia in Dio.Una delle condizioni per avere fiducia in Dio è quella di farsi solidali con coloro che si trovano nel bisogno. Leggendo questo brano del profeta Geremia, potremmo illuderci facilmente che ci sia possibile avere tutto ciò che ci occorre per vivere in modo tranquillo e, in più, avere la grande sicurezza di poter contare su Dio. Ma la vera fiducia in Dio deve essere sempre accompagnata dall’umiltà e dalla solidarietà con i poveri; altrimenti, la nostra è soltanto una fiducia illusoria in Dio.Noi spontaneamente facciamo affidamento sui mezzi umani, sulle ricchezze che possediamo, sulle nostre capacità e sulla nostra salute. Ora, la vera fiducia in Dio suppone la rinuncia a tali ricchezze. Ovviamente, se abbiamo buona salute, non dobbiamo desiderare di ammalarci soltanto per avere l’occasione di fare atti di fiducia in Dio …Piuttosto, dobbiamo rinunciare alla soddisfazione della nostra buona salute, mettendoci al servizio di tante persone che non hanno la nostra stessa buona salute. Così ci mettiamo con loro nelle loro necessità, ci rivolgiamo con loro a Dio, e in questo modo poniamo la nostra fiducia in Dio.Dobbiamo essere profondamente solidali con tutti quelli che gridano a Dio nelle loro necessità: povertà materiali, povertà spirituali, malattie, disagi e contrarietà di ogni tipo. Tutte queste sono situazioni nelle quali la nostra fiducia in Dio è reale e non illusoria.In questo tempo di Quaresima, mettiamoci volentieri nel numero dei poveri e dei peccatori. Ovviamente, non per complicità con questi ultimi e con il peccato, ma per sentire il bisogno della grazia del Signore, per camminare verso di lui, con la fiducia che egli ci libererà dalle nostre colpe» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola, volume I – Tempi forti, Edizioni AdP, Roma 2014, pp. 107-108).A me pare evidente che c’è un forte collegamento tra queste considerazioni e alcuni pensieri di martedì scorso, in quanto ciò che è affermato da Ignazio Silone e da Sant’Agostino, rispettivamente sul rischio dell’indifferenza e sui figli della speranza, lo vedo presente nelle considerazioni del cardinale. Se mi lascio davvero interpellare dalla parabola, che oggi la Chiesa ci presenta, mi rendo conto che la mia fiducia in Dio non può esprimersi in una vaga speranza (“io spero che Dio corra in mio soccorso nelle necessità mie e dei miei familiari”), ma deve anche tradursi ogni giorno nella carità, nel servizio verso chi ha bisogno, sia in senso materiale sia soprattutto in senso spirituale. Ogni giorno di più mi rendo conto dell’immenso dono (ma anche della responsabilità!) che ha avuto la mia parrocchia di ospitare la mensa dei poveri, luogo giubilare! Spero che sia un forte pungolo per me e per i miei parrocchiani per progredire ogni giorno nella carità.